Fare sistema contro l'illegalità   

Caro direttore, la nuova squadra del presidente dell’Unione degli Industriali di Napoli, Gianni Lettieri, ha una caratteristica forte nella delega al presidente dell’Acen Ambrogio Prezioso all’area della sicurezza del territorio. Questa è infatti indicata come una delle priorità dell’azione concertativa che l’Unione svilupperà nei prossimi mesi, insieme all’altro punto fondamentale dello snellimento della macchina amministrativa pubblica locale. Le accuse che piovono da molte parti sui cittadini napoletani è spesso quella dell’assenza di una cultura della legalità, accusa che proprio associazioni datoriali come l’Acen hanno reso nulla, con la caparbietà con cui tutti gli imprenditori edili si sono stretti attorno all’impresa Milano dopo l’attentato di questa estate. La scelta di Lettieri è un altro importante segnale verso la lotta per la sicurezza, che dovrebbe funzionare da sollecito per azioni emulative anche da parte di altri soggetti. Politica, associazionismo e istituzioni hanno un’occasione insperata in questi momenti difficili: dare alla città segnali precisi con fatti forti e decisivi. Dispiace invece vedere come il balletto del “non c’è cultura” funzioni da giustificativo, per esempio al questore Malvano, per accusare la popolazione di stare da un’altra parte. Di chi stiamo parlando? Di chi ha imparato a non indossare più orologi di marca o gioielli, fatta eccezione per chi ama catenoni d’oro al collo? Di chi ha imparato a infilarsi il denaro negli indumenti intimi o a celare borse e borsellini nei sacchetti per la spesa? Se da una parte attente indagini ci illuminano sul fatto che le stragi del sabato sera, diffuse più al nord che dalle nostre parti, dipendono dal nuovo istinto suicida addebitato ai nostri giovani, quante sono le retate antidroga nei locali notturni della città e del suo hinterland? E si potrebbe proseguire domandandosi come mai non sono presidiati i punti in cui le denunce evidenziano la reiterazione di scippi o spaccio di stupefacenti. Credo che l’accusa di delinquenza diffusa nel cuore di tutti sia un modo di attaccare prima di doversi difendere, che non fa lustro a chi la attua. Se la coscienza civile fosse un istinto non vi sarebbero norme e leggi; ed è invece proprio l’attuazione e il rispetto di queste leggi che la polizia, in tutte le sue forme, ha il dovere di far rispettare. Anche denunciando la situazione di fatiscenza di mezzi e strumenti di cui dispone, anche denunciando le limitazioni a cui è soggetta. Denuncia che dovrebbe correre ben prima di quella dei cittadini che ormai hanno solo paura. E non stiamo parlando della grande lotta alla mafia, problema storico ed endemico che corre dal prefetto di ferro di mussoliniana memoria, attraverso le ricordate stragi di Capaci e via d’Amelio, via via fino al vittorioso silenzio odierno. Stiamo parlando semplicemente di una città che si sta avvitando su se stessa, con poca speranza di uscire dal vortice.