Iraq, interrogativi vecchi e nuovi   

L’ex ambasciatore Sergio Romano ha lanciato, qualche giorno fa attraverso le “pillole” mattutine su Radio24, una provocazione che ritengo di cattivo gusto, sia se vista da un ottica liberale che da una posizione di rispetto generale della vita umana. Eppure questa provocazione, per quanto cinica, rispecchia una posizione che serpeggia in ambienti popolari. In sintesi la domanda che Romano pone, come un tassista che mi accompagnava giorni fa, è questa: vanno spesi i soldi dei contribuenti e le energie della politica, dei servizi e dell’esercito per recuperare le vite di tre italiani che hanno scientemente deciso di avventurarsi, probabilmente per denaro, in un mortalmente pericoloso scenario di guerra?Non nuovo a plateali posizioni ciniche, questa volta Sergio Romano esagera, invitando addirittura ad aprire un dibattito sul tema. Ci sono troppe risposte da muovergli perché non possa essere consapevole della boutade quasi volgare. A partire dall’assoluto inevitabile concetto che si deve muovere qualunque azione per salvare una vita umana, pur non cedendo a ricatti (e Aldo Moro è il caso storico a cui si dovrebbe sempre fare riferimento). Da un punto di vista liberale, inoltre, non vi é alcuna differenza tra i nostri volontari dell’Esercito Italiano e chi invece volontario è in ambito privato, di impresa, cioè in entrambi i casi per denaro. Indipendentemente dalla presenza o meno di un fanatismo militarista che certo non può condannare né i tre ostaggi vivi né l’eroico Quattrocchi. Il concetto di “se la sono cercata” è triviale e non può albergare in nessuna anima, laica o cattolica che sia.Piuttosto un dubbio serio lo porrei: esistono già profondi legami tra la mafia internazionale, quella interessata alla ricostruzione e all’insediamento in nuovi mercati, la mafia nostrana e la criminalità irachena, al punto che lo “sgarro” di avere ucciso un catanese ha indotto i terroristi a pentirsi al punto di presentarci gli ostaggi durante un pasto? Questo è infatti un messaggio di ospitalità e rispetto nel mondo arabo, e ancora più di riguardo se commisurato alla grave situazione di disagio economico in cui quei popoli vivono, insieme al tono assolutamente generico del nuovo comunicato, non più rivolto al presidente Berlusconi ma a “l’amico popolo italiano”. Segno del bisogno di farsi perdonare, non solo dai leader religiosi che hanno esecrato l’uccisione, ma anche da poteri ben più forti degli stessi eserciti in campo.