L'atto e il valore politico della legge Finanziaria   

Sia il Dpef che la legge Finanziaria sono emanate dai Governi anche pensando all’impatto di comunicazione che i provvedimenti contengono. Spesso divenendo l’atto più significativo di gestione dell’intera attività, con un elevato contenuto politico a partire dagli indirizzi programmatici che incidono poi per lungo tempo sul paese. La Finanziaria di fine legislatura assume un significato ancora più pesante quando ci si attende un cambio dovuto alla regola dell’alternanza. Regola che, insieme alla stabilità, fu invocata con i referendum dal popolo italiano quando scelse il sistema maggioritario. Ricordiamo tutti l’onda lunga che ebbe la legge 388 del 2000, ultima finanziaria della sinistra, che fu lasciata nelle mani di Giulio Tremonti come una bomba ad orologeria e che fu malvestita a partire dall’annullamento dei crediti di imposta alle aziende. E’ facile temere che anche l’attuale provvedimento contenga una serie di azioni che, più che incidere sullo sviluppo del paese, tentino di creare difficoltà all’opposizione. Il taglio dei trasferimenti agli enti locali ne è il primo segnale: in piena contraddizione con le premesse della tanto decantata devolution, provoca una minore capacità di erogazione da parte di quelle entità che negli ultimi anni vedono protagonisti indiscussi gli amministratori eletti per lo più all’interno del centrosinistra. Diminuendo così il loro “potere di acquisto” che incide significativamente in periodi elettorali. Inoltre, come evidenzia Luca Cordero di Montezemolo, “La mancata realizzazione delle misure di riduzione delle spese stabilite nella manovra per il 2005 viene riconosciuta nel Dpef, ma non sono evidenziati né le cause degli scostamenti, né i possibili rimedi. Questa lacuna rischia di compromettere la credibilità dell’esercizio e quindi il suo impatto sulla fiducia dei mercati e delle famiglie". Creando così un clima che non aiuterà la coalizione di governo in questa ultima fase in cui, invece, avrebbe dovuto dare forti segnali per ricostruirsi maggiore consenso elettorale, non con misure di sola facciata, spesso inattuabili, ma con le concrete azioni che forse Domenico Siniscalco avrebbe voluto.