L'arte di palazzo   

Sabato a Napoli sarà aperta al pubblico una prima parte di “Madre”, acronimo del Museo d’Arte Donnaregina, che prende il nome proprio dallo storico palazzo restaurato su progetto di Alvaro Siza. Il progetto museale è nato nel marzo del 2004, quando Rudi Fuchs fu incaricato da Antonio Bassolino di costituirne il comitato tecnico-istituzionale insieme a Vincente Todoli, direttore della Tate Modern di Londra. Fin dal 1998, quando a Napoli si inaugurò la stagione delle invasioni culturali cittadine con “Le Bandiere di Maggio”, organizzate dall’Associazione La Dogana, che faceva capo proprio a Edoardo Cicelyn, futuro direttore artistico del Donnaregina, nacque e si rafforzò il desiderio di un museo di arte contemporanea a Napoli. Desiderio e progetto che, a onor del vero, era molto precedente, culminato nel periodo in cui Lucio Amelio riuscì a compiere il miracolo di Terrae Motus, l’intervento di tanti artisti nato come sostegno alla nostra regione martoriata dalle scosse sismiche del 1980, acme simbolico di una attenzione all’arte ma in particolare alla necessità di renderla fruibile a tutti. Ma il percorso che parte con la prima giunta comunale dell’allora Sindaco Bassolino è divenuto un treno irrefrenabile, che oggi vede una serie di insperati miracoli. Le polemiche che circolano da così tanti anni intorno all’arte contemporanea in città e nella regione sono tante, cominciando dagli importi spesi e dal modo in cui lo sono stati; polemiche che vedono attori soprattutto chi di arte contemporanea non ne capisce proprio nulla, e che in genere commenta con borghese disgusto ciò che gli appare diverso, incomprensibile e quindi spaventoso, ma anche da chi si sente escluso da questo o da quel circolo. Sapere che da qualche anno ci sia l’apporto fattivo e decisivo di Achille Bonito Oliva, senza il quale forse nessuno dei momenti e delle svolte dell’ultimo periodo avrebbero avuto valore. Apporto che, tra l’altro, spezza quell’insostenibile circondarsi di persone fidate, con la totale esclusione di chi possa essere sospetto di infedele libertà di pensiero e d’azione, tipica dell’azione bassoliniana, non solo in ambito artistico. Ma tant’è. Intorno al Pan, la bellissima struttura che ha salvato e dato un ruolo a Palazzo Roccella, si sono radunate e accorpate altre gallerie a quelle storiche preesistenti, guidate da uomini e donne che si conoscono da tempo e che ricoprono il ruolo fondamentale di finanziare l’esordio e veicolare l’esterno verso di noi. Il museo di Capodimonte e chi lo sovrintende continua a regalarci momenti storici mentre l’Accademia riapre gli spazi espositivi. Che altro potremmo volere? Forse che ci si concentrasse nello sforzo di fare sistema, di stare insieme, di procedere verso un risultato comune e condiviso di crescita e di apporto non solo al circolo chiuso che gestisce l’arte, ma anche aggiungendo valore al sistema del turismo e della cultura, creando una unica macchina che con la ricchezza, non quella degli euro ma dei contenuti, possa contribuire allo sviluppo dei cuori e delle menti di tutti. E ci piacerebbe che chi oggi governa gestionalmente tutto ciò si affidi a una unica indiscussa e necessaria figura nel coordinare questo sistema; unica figura che si adirerebbe non poco nel sapere che oso indicarla, ma Abo mi perdonerà.