Emergenza infanzia   

Caro direttore, grazie ad un perfetto lavoro di squadra, come si legge in una nota di Palazzo Chigi, è entrato nella seconda fase il Servizio Emergenza Infanzia 114, il numero telefonico per la salvaguardia psicofisica dei bambini. Gestito da Roberto Caffo, che con Telefono Azzurro” ha vinto la relativa gara, il servizio, fruibile anche su internet all’indirizzo www.114.it, ha visto la collaborazione del Gruppo Telecom, a cui, insieme a Marco Tronchetti Provera, sono stati rivolti pubblicamente i ringraziamenti del ministro per le Pari Opportunità. Frutto del lavoro della Commissione interministeriale dei Ministeri delle Comunicazioni, del Lavoro e delle Politiche Sociali e delle Pari Opportunità, risponde ad uno dei punti elaborati nelle indicazioni del Comitato Ciclope nel primo piano di prevenzione e contrasto della pedofilia.Il servizio permetterà di segnalare, oltre alle situazioni di emergenza psicofisica specifiche, anche quelle situazioni di disagio derivanti da immagini, messaggi e dialoghi diffusi attraverso televisione, radio, carta stampata e Internet, aprendo uno scenario di azione che farà felici molti genitori, ma anche tante nonne e bisnonne (in vertiginoso aumento in Italia).Sarà sufficiente questo servizio a far cambiare l’approccio dei tanti che si occupano di comunicazione audiovisiva? Speriamo di sì. La naturale capacità di emulazione dei bambini, e la necessità di apparire di molti genitori, ci lascia spesso perplessi davanti alla visione di minori vestite (o svestite) come le mitiche veline o come le tante ballerine degli show di prima serata, così come perplessi ci lasciano i bambini abbigliati come il popolo dei bronx e dei rapper: pantaloni di tre misure in più, cappellino rivoltato e scarponi slacciati, per intenderci.Non dico che si debba avere nostalgia dei costumi castigati di un tempo, in cui due paia di gambe come quelle delle gemelle Kesler, seppur in bianco e nero, facevano sognare. Ma che una lattina di una bevanda gassata, infilata nel sottile filo laterale di un costume da bagno altezza pube, su un tronco di corpo femminile attraente e abbronzato, come apparve in alcuni megacartelloni mesi fa, possa stimolare il mobbing sessuale se visto mentre si va in ufficio, certo ad animi più deboli, è un concetto che deve entrare nei nostri modi di pensare, se è vero che vogliamo tutelare non solo i minori. Come al solito per giungere alle mete della civiltà si devono anche attraversare momenti in cui gli eccessi la fanno da padrone, e credo che l’abbrutimento e la diseducazione a cui siamo giunti abbiano abbondamente toccato il fondo. Chissà se gli analisti dei target e del risultato delle campagne pubblicitarie si stanno rendendo conto del maggior successo che hanno messaggi che, invece di puntare alla libido, informano dei reali vantaggi di un acquisto. Di certo la responsabilità rimane di noi consumatori, di noi cittadini, attraverso la capacità di superare l’obnubilazione che ci avvolge a fine serata davanti al catodo, riuscendo a mantenere alta la nostra identità e superando la massificazione a cui siamo sottoposti.