Pubblicità ingannevole, normativa da rivedere   

Verso la fine di luglio scorso una compagnia telefonica operante in Italia è stata condannata per la pubblicità ingannevole con cui presentava la propria offerta tariffaria e di apparecchi telefonici mobili, in base al relativamente recente decreto legge 206/05 noto anche come “Codice del consumo”, testo che andrebbe letto e conosciuto a fondo. La compagnia è stata condannata al pagamento di circa ventisettemila euro, perché l’inganno era, tra l’altro, manifestato anche attraverso l’uso dei “super”, i velocissimi e illeggibili sottotitoli mandati in sovrimpressione, che oltre all’indecifrabilità erano anche lacunosi. Ciascuno può fare due precise considerazioni: l’importo della sanzione, se anche fosse applicato al massimo previsto di centomila euro, risulta particolarmente esiguo, se confrontato con i costi di realizzazione degli spot e con i costi degli spazi televisivi, costi che vengono sostenuti in previsione di margini ben superiori; in secondo luogo la sanzione non corrisponde ad alcun risarcimento del danno ricevuto dai consumatori, ne alle loro associazioni ne singolarmente agli utenti. Inoltre, se ci si diverte a perdere tempo nel consultare le decisioni del Giurì dell’Istituto per l’autodisciplina pubblicitaria (Iap), quelle dell’autorità garante per le comunicazioni o quella garante della concorrenza e del mercato, ci si mette le mani nei capelli assistendo a quanta illegalità viene perpetrata a danno dei consumatori da parte di importanti aziende nazionali e multinazionali, spesso condannate solo a interrompere la pratica scorretta. Quando ormai tale pratica ha già procurato i danni derivanti dagli inganni o dalle scorrettezze rilevate. Se invece che a esigue sanzioni, le aziende fossero costrette, come un tempo, a pubblicare con gli stessi mezzi le proprie scuse al pubblico, chiarendo gli errori commessi, rifletterebbero molto prima di ingannarci. Ci auguriamo che nessuno osi parlare di etica o di corporate social responsability, perché si ricoprirebbero di ridicolo. Ci sembra urgente che la legalità venga diffusa nel paese anche attraverso provvedimenti legislativi correttivi di queste ilari situazioni, affinché ci possiamo liberare dal sospetto che dopo il proletariato intellettuale, determinato dall’industria culturale, si formi un proletariato politico, determinato dalle sopravvenute leggi di mercato, che palesano corruttele da “industria normativa”.