La Finanziaria è uguale per tutti e non ammette ignoranza   

Una cosa che da sempre ha contraddistinto il modo di legiferare italiano è la confusione infarcita di burocratichese, a vantaggio di specializzatissimi consulenti ma a tutto disagio dei cittadini. Un esempio per tutti è la serie di provvedimenti che costituiscono la legge finanziaria, la cui sola lettura delle quasi 400 pagine del maxiemendamento approvato di recente dal Senato mette il capogiro. Ciascuno, secondo i propri interessi, cercherà di approfondire attraverso la lettura dei numerosi speciali giornalistici che verranno prodotti nei prossimi giorni e settimane. Anche se dovrà poi attendere i numerosi provvedimenti attuativi demandati ora a questo Ministero, ora a quella Agenzia. Di certo alcune piccole cose inizieranno ad essere chiare anche dai mutamenti quotidiani che si verranno a generare man mano che le norme entreranno in vigore, con cadenze prima fissate, poi dilungate, altre volte derogate. Una legislazione talvolta solo minacciosa, poiché minata dalle sorti della politica, che può anche mutare i governi ancor prima delle effettive attuazioni, con relative abrogazioni di cose mai nate; quando non accada, molto più semplicemente, che gli stessi parlamentari che costruiscono la norma non provvedano poi a modificarla con altra successivamente votata. Così, tra proclamato, votato, attuato, derogato e abolito, viviamo tutti in uno stato un po’ di confusione, pronti a stupirci quando ci chiederanno il codice fiscale di nostra nonna all’acquisto della prossima pillola per l’ipertensione, nuova prescrizione per evitare che, come in molti fanno, si continui a far gravare sulla spesa sanitaria nazionale l’ultimo ritrovato cosmetico o lo spazzolino elettrico di grido. Stupiti allo stesso modo quando il nostro migliore amico ci darà degli stupidi per aver rottamato l’automobile a dicembre, di cui non tolleravamo più l’erbetta che cresceva tra le ruote per il suo lungo abbandono. Già frustrati per il senso di colpa che lo Stato ci propinerà con gli spot che spiegheranno ai giovani il rischio del gioco d’azzardo monopolizzato, spot che punirà proprio la nonna ipertesa, tanto amante del Lotto, e delle sue nuove allettanti varianti proposte dallo stesso Stato. E già, perché mentre si aumentano le chance di gioco, si pensa pure di usare la stessa ipocrisia con cui si lascia pubblicizzare i superalcolici, con chiara allusione alle loro facoltà di aumento della libido e calo dei freni inibitori, impegnando ben centomila euro per spot di prevenzione ai rischi del gioco per i minori. Cifra assolutamente nulla nel mondo dell’informazione, ma utile a placare le coscienze perbeniste di chi pensa di aumentare il gettito attraverso la tentata sorte.