Paradisi fiscali e importazioni: problema da risolvere subito   

Acquistare da Hong Kong, dalla Malesia o da altri Paesi inseriti nella black list prevista dall’articolo 110 del Tuir, i cosidetti paradisi fiscali, può far incorrere in notevoli recuperi a reddito di costi, anche solo quando è omessa la separata indicazione dei valori in dichiarazione dei redditi. Questo perché scatta in modo automatico, come si stanno rendendo conto molti imprenditori, l’accertamento che fa scaturire gli obblighi di provare, alternativamente, o la reale attività commerciale del fornitore estero, o la convenienza economica delle transazioni effettuate. Come evidenziato nella risoluzione n. 46/E del 16 marzo 2004, la prova dell’effettiva operatività non è determinabile dalla mera presentazione dell’iscrizione a eventuali registri delle imprese estere, ma deve essere provata con documentazione accessoria, per esempio bollette telefoniche, bilanci, fatture di acquisto o simili, dell’azienda estera. Così come diventa complicata la prova della convenienza, quando si acquistino beni ad alto valore aggiunto, o di qualità superiore a quella reperibile sul mercato, come nel caso della tecnologia. Questo scempio legislativo avrebbe dovuto essere corretto già nel mancato decreto milleproroghe, in modo da consentire l’emendabilità anche in caso di accertamento in corso, in considerazione della recentissima applicabilità della norma. Invece sono stati disposti tempestivamente centinaia di controlli in tutt’Italia, specie verso l’acquisto di beni materiali, che provocheranno due conseguenze immediate. La prima sarà quella di non andare a fondo di quelle operazioni finanziarie giocate sulle transazioni per servizi, creando una sorta di cortina fumogena prodotta dai numerosi inutili accertamenti, la seconda quella di provocare la reazione opposta a quella della ratio della norma, istigando a effettuare triangolazioni con paesi non presenti in black list, al solo scopo di trarne puro vantaggio commerciale. Bisogna mettere mano alla situazione annullando la pretesa accertabilità richiesta verso un operatore estero, che come partner commerciale non ha il dovere di produrre documentazioni, sia rendendo emendabile l’omissione, praticata dalla stragrande maggioranza di contribuenti interessati, concentrando gli sforzi laddove si abbia evidenza di comportamenti tesi all’elusione fiscale.