Un muro di bugie   

Caro direttore, sono notoriamente sionista, cioè credo fermamente che la soluzione per la riduzione del carico di dolore del popolo d’Israele sia stata la definizione e la rinascita della sua nazione nel territorio della Palestina. Sono anche convinto che i circa tre milioni di palestinesi abbiano diritto all’autodeterminazione in un loro stato autonomo, e credo che la mia posizione sia molto diffusa. L’uscita dal momento colonialista, unica metodologia utile per realizzare le tesi di Theodor Hertzl nel 1948, è un fatto definitivo dal 1967. Ma negli ultimi vent’anni, specie dopo la fine della contrapposizione dei due blocchi, Israele ha subito il prezzo di rappresentare, con la questione palestinese, l’unico alibi per continuare a provocare morti ed orrori non solo in Medio oriente. La costruzione della barriera lungo la Green Line, unico confine ancora non definito da trattati internazionali, contestata come se fosse un muro di cemento, ha l’obbiettivo di proteggere dal tiro di cecchini e evitare l’accesso di terroristi. Il fatto che sia di cemento a tratti nel solo 5 per cento della sua lunghezza, unica parte di cui ci sono note le foto, che venga confrontata con l’Hakotel Hama’aravi, la parete occidentale sacra, da noi nota come Muro del Pianto, la dice lunga sull’antisemitismo men che strisciante dei giorni nostri. Informandosi si scopre che la barriera è costituita da rete, strisce di pattugliamento e sensori, rimovibili e modificabili, che è edificata su territorio demaniale e quando privato dà luogo a risarcimenti in denaro. Perché allora tanta protesta e risoluzioni internazionali? Perché il Mondo, nel suo enfatico globalismo, non riesce a condurre una trattativa per la definizione dello Stato della Palestina e per un trattato internazionale dei suoi confini? Perché forse è più utile contrapporre tra loro fanatismi religiosi, perché la guerra produce aumento del Pil, non solo a ex-superpotenze ma anche ai loro alleati, perché questo è l’unico modo di tenere sotto scacco l’unità europea. E il fanatismo è quello che riduce anche i cattolici, dimentichi delle leggi d’amore, nel cercare di introdurre una speciosa quanto superflua “origine cristiana” non solo nello Statuto europeo, pericolo scampato, ma addirittura negli statuti che molte Regioni in Italia si accingono a darsi. Mio padre, sempre terrificato memore dei bombardamenti di metà secolo scorso, non cessava di evidenziarmi che la saturazione dei consumi avrebbe determinato, per la sopravvivenza del capitalismo, un nuovo conflitto mondiale. Speravo che la protezione di Israele bastasse a scongiurare il pericolo, ma l’11 settembre ha forse delineato un nuovo scenario in cui non sono più in discussione i piccoli confini di piccoli Stati.