L'incertezza del diritto   

Caro direttore, nei giorni scorsi il senatore Giulio Andreotti ha dichiarato che in Italia corriamo il serio pericolo di una svolta autoritaria. Senza entrare nel merito della dichiarazione e dei suoi significati, che pur richiederebbero un approfondimento ci sembra facile individuare in questa boutade un riferimento alla riforma della Costituzione in senso federale, discussa in questo periodo. E’ un peccato che l’opposizione non abbia raccolto l’invito al dialogo offerto dal ministro Calderoli, che ha presentato modifiche al disegno di legge raccogliendo le istanze degli avversari politici su diversi aspetti, in particolare modificando l’assetto ipotetico del nuovo Senato federale, dando anche spazio ad alcune istanze richieste dalle Regioni a statuto speciale. Aprire un dialogo a partire dal federalismo potrebbe servire a ricreare un clima politico basato sullo scambio preciso di indicazioni su punti specifici, invece di trasformare ogni discussione in feroce tenzone, senza beneficio per nessuno. Non si devono però neanche eludere quei punti che rimangono note dolenti verso cui più parti, specialmente nel Mezzogiorno, si oppongono strenuamente. Anche perché, come dichiara lo stesso ministro, non sono riforme realizzabili “a colpi di maggioranza”. E i punti centrali rimangono sempre gli stessi, non soddisfatti dalle modifiche presentate e forse non soddisfacibili da una maggioranza che ha la Lega come protagonista di queste riforme. Le riforme federali a cui si è fatto riferimento, come esemplificative, durante la discussione sono state abbastanza infelici: Weimar, l’Unione Sovietica, l’Austria del ’38. Insieme alla dichiarazione di Andreotti questi riferimenti sottolineano come sia eccessivo, difatti, lo strapotere affidato al premier, con un controllo sulle Camere assolutamente non proponibile in un regime democratico. Sebbene si debbano scongiurare i pericoli dell’instabilità di governo e i ribaltoni, si deve pur trovare il modo per frenare il potere di legislazione del Governo, sottoponendo le sue decisioni al vaglio delle assemblee. Superando comunque il problema che si viene a determinare nei nostri giorni, in cui il rimbalzo delle norme, per esempio, tra Consulta e Regioni rende inapplicati per mesi provvedimenti legislativi pur rilevanti, come nel ben noto caso dell’ultimo condono edilizio. In questo modo il cittadino si vede negare la certezza del diritto, lasciando che si generino tutti gli spazi per permettere inottemperanze, apparentemente incolpevoli, ai più furbi. L’augurio rimane quello che questa riforma mal organizzata venga differita, la speranza è quella che al differimento provveda quel pensiero comune che sta attraversando trasversalmente tutti i partiti.