Il programma dell’Unione e il coraggio di procedere   

Ora che è stata attuata buona parte dell’Agenda Giavazzi, i punti programmatici per favorire concorrenza e sviluppo senza costi aggiuntivi per lo Stato sollecitati dal giornalista economista del Corriere della Sera, sui quali lo stesso ha ricordato l’importante impegno della Rosa nel Pugno, è necessario continuare la faticosa marcia del Governo per rispettare molti degli impegni assunti in campagna elettorale. Come ricorda Fausto Bertinotti e come sollecitano accada anche oltre 4.000 cittadini in sciopero della fame a staffetta, seguendo il Satyagraha dei Radicali, uno dei primi impegni a sostegno della riforma della giustizia deve essere la messa a calendario della discussione parlamentare su amnistia e indulto. Molti ricorderanno la marcia di Natale, in cui molti esponenti dell’attuale governo manifestarono a favore dell’amnistia che richiede il nostro sistema carcerario, domandata anche da Papa Giovanni Paolo II nella sua storica visita al Parlamento. Le successive dichiarazioni vedono Berlusconi disponibile nel 2002 a discutere, giungendo solo all’indultino votato nell’agosto del 2003, riservato a circa 5.000 detenuti, ma che non ebbe gli effetti sperati. A tre anni da quel momento sembra avvicinarsi la speranza per molti di coloro che vivono una situazione carceraria distante anni luce dai dettati costituzionali che illudono il cittadino di poter vivere all’interno di un sistema democratico che veda cassato il concetto di pena a favore di un più sensato reinserimento sociale. Le paure di molti nell’immaginare le strade invase da criminali devono essere mitigate da opportune campagne di informazione sul funzionamento e l’applicazione delle misure di clemenza, tese a creare un vantaggio sociale misurabile. Se la reintegrazione sociale viene minata dalle condizioni di seria invivibilità delle carceri, dovuta al sovraffollamento dettato spesso da leggi inique e disattente al divario tra reato e condanna, si deve comprendere come mentre si attui una faticosa e complessa riforma della giustizia si debba prima porre rimedio urgente al numero dei detenuti. E certo la via non è quella della costruzione di nuove carceri, cosa che ha già fatto indignare la Corte dei Conti per la modalità con cui gli appalti erano stati gestiti dal precedente governo. Senza dimenticare che su circa 60 mila detenuti, 22 mila sono solo imputati, 20 mila stranieri, 30 mila condannati per reati connessi alla legge sulle droghe, 16 mila sono tossicodipendenti, 1.500 sono affetti da Aids. Infine, sui 90 mila ingressi in carcere nel 2005, circa la metà sono stati di stranieri.