Mass media e società globale: il lento progredire della violenza   

“Hai visto cosa fa il progresso? Se non fosse per quei telefonini che inviano filmati certe cose non accadrebbero!” E’ uno dei commenti che si può ascoltare in metropolitana, al bar, in ufficio. E il riferimento è chiaramente rivolto agli esecrabili episodi di violenza che hanno densamente riempito la cronaca dei giorni scorsi. Violenza che non solo non si arresterà, ma che forse è sempre esistita ed è stata solo meno documentata. Come la violenza sulle donne oggetto delle centinaia di manifestazioni svoltesi il 25 novembre in tante città d’Italia, per ricordare che il 90 per cento degli episodi di violenza contro una donna si svolge tra le pareti familiari. E per cercare di trovare una soluzione. A nulla varranno gli sforzi di chi adesso indaga la potente azienda padrona del famoso motore di ricerca, Google. Perché chi già usa Google Video da tempo sa già che il sistema è dotato di un solerte sistema di censura che cassa rapidamente ogni video che offenda il senso del pudore in brevissimo tempo: sicché se qualcuno riesce a vedere un capezzolo vince una medaglia. Ma non è così per la violenza. Sono centinaia i video che mostrano scene disgustose di ragazzi che si malmenano o litigi tra adulti spesso trasformati in incontri di boxe a mani nude. Il trucco è cercare la parola inglese ‘fight’, e compariranno circa 12.000 video reperiti tra squadre di hockey che si malmenano e studenti che circondano propri colleghi come ad una gara di lotta tra galli da combattimento. Il tipico pudore anglosassone, americano, che non mostra uno slip se troppo osé ma che non si perisce di riservare altrettanta censura alla violenza gratuita. Censura che si supera con un avviso o una registrazione utente in YouTube, la banca dati di video autoprodotti di recente acquistata proprio da Google, e che invece richiede una semplice disattivazione di un filtro nella notevole collezione dell’esordiente Blinkx, motore con oltre sei milioni di ore di video. Ma è questo che spinge la violenza contro un disabile, o che stimola lo stupro di minori in modo sempre più diffuso? Non crediamo. Quello che accade è sempre accaduto e lo si è solo saputo meno per la minore esigenza di esibizionismo dettata invece dalla cultura trasferita dal mezzo televisivo negli ultimi venti anni. E’ banale, semplice, rendere di successo una trasmissione partendo dall’uso di una delle molle ben note dal marketing: il sesso. Chiamatele veline, ballerine, come volete. Ciò che conta è che siano sempre più nude ed ammiccanti, in modo da costringervi a rimanere lì inchiodati e a non cercarvi nulla di meglio. E mentre lo fate badate anche al modello che trasferite ai vostri figli, le bambine che imiteranno anche l’abbigliamento già osé a dieci anni e i maschi che non faranno altro che emulare gli spaccatutto, i nuovi eroi. Sperando che d’improvviso vi chiediate quale ruolo avete nel gioco, e di quale gioco si tratta.