Valentini e la libertà   

Caro direttore, con l’abitudine tutta italiana di dimenticare presto, è già rientrato il clamore per la scomparsa di Camillo Valentini, compianto sindaco di Roccaraso, scomparso il 16 Agosto in carcere dopo un solo giorno di detenzione. Alcune indagini sono in corso e ad ogni atto della magistratura corrisponderà un subitaneo risveglio delle coscienze e delle cronache. Senza voler strumentalizzare questa disgrazia, anche perché il pensiero corre sempre ad una delle sue ultime frasi, “Cosa dirò ai miei figli?”, è venuto il momento di risolvere il problema della responsabilità penale degli amministratori pubblici e privati, e dei dirigenti, nell’esercizio delle loro funzioni. Se qualcuno ancora guarda a tangentopoli come momento moralizzatore della vita pubblica italiana, si sbaglia. La corruzione e il peculato, sono vizi globalizzati, regolati dalle norme di finanziamento pubblico ai partiti e dalla trasparenza delle operazioni condotte da lobby e grandi gruppi economici. E in Italia l’ipocrisia in questo senso è vergognosa. La corruzione, dal ’92 ad oggi, è solo più strutturata e accentrata, anche se compaiono i primi segni della decadenza a cui si giunse allora. La seconda repubblica, se mai v’è stata, nasce dal nuovo maggioritario e dall’aumentato potere del capo dei governi locali, aspetti che hanno mutato lo scenario delle alleanze ma che non hanno cancellato le ideologie tra cui tutti ci suddividiamo. E Valentini ci ha ricordato, come altri, arrestati per esempio perché non “confessavano” di essere taglieggiati, che esiste il problema dell’abuso dello strumento della carcerazione preventiva e del sovraffollamento carcerario. Problemi affrontati con ipotesi di edilizia carceraria, prodromo di nuove carceri d’oro, e di amnistie di vario tipo, segnale di munificenza utile in periodo pre-elettorale. Premesso che tutti mi appaiono oggi riformisti, il punto diventa cosa e come riformare. Manca quella necessaria solidarietà nazionale che consenta realmente il mutamento del vecchiume in cui sprofondiamo. La carcerazione preventiva, o quella per attesa di giudizio che riguarda il 50 per cento della popolazione carceraria, può essere sostituita da sistemi elettronici di monitoraggio delle persone, immediatamente realizzabili con l’aiuto delle compagnie di telefonia mobile. Sanzioni pecuniarie sarebbero deterrenti efficaci per gli amministratori pubblici, specie se si usasse la misura della revocatoria. Ma la tortura dell’arresto della persona per bene è più efficace per ottenere delazioni. Peccato che un fil rouge, su cui dovrebbe indagare qualche pm, unisca le morti con sacchetto di plastica di personaggi scomodi: a proposito, su quale manuale del piccolo suicida si trovano le istruzioni per non strapparselo da viso e annodarlo bene?