La guerra di Minsk: politica e globalizzazione a confronto   

Per la prima volta, se fingiamo di ignorare l’episodio ucraino del passato inverno, un gruppo di aziende virtualmente private, ma che rappresentano la nazionalizzazione effettiva delle risorse petrolifere russe, sfida e attacca uno Stato, la Bielorussia, quindi non una controparte economica privata.
Lo scandalo di ciò che accade, con gravi ripercussioni anche per paesi come la Germania, e presto possibile scenario paneuropeo, è la possibilità data dalla monopolizzazione di risorse essenziali nel ricattare un paese indipendente, con l’intenzione di modificarne una legge svantaggiosa, in questo caso una imposta sul transito di prodotti petroliferi.
Svantaggiosa per gli interessi di una compagnia petrolifera e dei suoi partner che pagano lo scotto degli equilibri falsati creati nei paesi cuscinetto sotto l’influenza sovietica nel periodo della guerra fredda. Ma la tragedia del gioco è che si simula, o realmente accade, che non sia una tensione tra due stati e i suoi apparati, militari o amministrativi che siano, ma tra un monopolista industriale e uno Stato. Quanto sia pericoloso Putin in queste manovre ricattatorie è evidente agli occhi di tutti, compresi quelli che hanno fin’ora infilato la testa nel sacco, giustificando in qualche modo l’adeguamento al prezzo di mercato. O chi, come ha fatto l’Eni e i suoi dirigenti piazzati da Silvio Berlusconi nel passato governo, in accordo con l’amico Putin, stipulando accordi apparentemente garanti di salvaguardie speciali sulle forniture prossime venture. Peccato che l’alleanza ci ricordi quella impari tra Hitler e Mussolini, con il primo consapevole della riuscita di un patto semplice come l’annessione dell’Austria, utile solo al debole nella trattativa per sperare di non essere né invaso e né fagocitato. Cosa impossibile come ha poi dimostrato la follia che afferra chi ha troppo potere, sfociata nelle prevedibili tragedie della Shoà. Se Putin la spunterà, nonostante i moniti del premier tedesco Angela Merkel, la sua potenza ricattatoria sarà devastante e influenzerà l’Europa come mai prima nessuna altra potenza mondiale avrebbe mai potuto. E a dargli man forte saranno i progetti dei gassificatori ben più finanziati dell’estrazione e acquisto di metano con cui l’Italia avrebbe potuto già da anni dare una svolta al proprio sviluppo. Sempre drammaticamente attenti a quanto accade in Medio Oriente e Africa, dove i nostri sforzi possono essere vanificati da pieghe prevedibili che assumerà la nuova colonizzazione in atto in quei paesi, le cui risorse sono ormai saldamente in mano a monopolisti mondiali. Alleati gia militarmente, come per Cina e Russia, con una federazione degli Stati Uniti d’America messa in ginocchio da un debito pubblico insanabile, creato da azionisti proprio di molte delle compagnie petrolifere e al governo Usa nell’ultimo decennio.