Miami o non Miami?   

Caro direttore, entrando nella project room della galleria Changing Role-Move Over Gallery in via Chiatamone si può rimanere perplessi davanti alle litografie imbrattate da frasi e scritte che seguono strane vie di fuga. L’attrazione e la curiosità sono forti e lentamente, per chi non ha visto prima i lavori dell’americano Wyane White, si inizia a percepire il forte messaggio che traspare dalle opere appese ai muri. White è totalmente, perfettamente e contemporaneamente un uomo di classe di Los Angeles, città di cui assorbe lo stile e l’eleganza anche nei movimenti e nella cortesia, tradendo forse nella sua dolcezza la provenienza da Chatanooga, Tennessee, dov’è nato. Per chi ha avuto la fortuna di essere con lui mercoledì all’inaugurazione della mostra “Sono stufo delle parole” le emozioni non sono state poche. White è alla sua prima personale in Italia, altro grande successo per Guido Cabib, pur essendo noto già in tutto il mondo anche come disegnatore di video musicali con cui ha vinto l’Mtv Music Video Awards (per “Tonight tonight” di Peter Gabriel). L’esposizione è ricca dei collezionisti che normalmente fanno incetta dei lavori di White, che è riuscito a realizzare la mostra anche grazie alla cortesia di chi aveva già acquistato in fiera a Torino la maggior parte delle opere. Incontro Guido Cabib felice come una rosa sbocciata, anche perché negli ultimi giorni gli hanno offerto la possibilità di essere presente a Miami (Usa) per la fiera dedicata agli esordienti, unico italiano, permettendogli di riuscire nel grande impegno di esportare i nostri artisti proprio nei punti di maggior riscontro, capaci di generare quel volano di scambi culturali che fu proprio di Lucio Amelio. Dalla project room mi trascina entusiasta ad ammirare nel Main Space la mostra parallela, prima personale, della giovane promessa Riccardo Albanese, che ha realizzato la splendida “Doganella Zoo”, una metafora del degrado realizzata attraverso centinaia di erbacce, prodotte con tratti leggeri in uno stile originalissimo su grandi fogli inchiodati brutalmente nella parte bassa delle pareti della galleria, proprio come erbe cresciute lungo quei muri. Albanese è capace di esprimere una sofferenza, o insofferenza, sapientissima continuando un discorso interiore provocatorio e romantico al tempo stesso. Con una grande potenza espressiva che fuoriesce anche da quello che lui definisce un suo autoritratto: la testa di una papera con il becco superiore ritorto, impalata in un tondino d’acciaio piegato e fissato al centro di una parete. La maestà perversa della scultura è identica all’immagine che Riccardo Albanese dà di se, offrendosi, da gran performer, in vestaglia di raso rosso indossata su un abito elegante. Anche stavolta molti oculati acquirenti copriranno la posta messa in gioco da Cabib, a cui non possiamo evitare di esprimere un sentito ringraziamento per l’egregio lavoro compiuto.