Etica d'impresa, prezzo e profitto   

Caro direttore, in questi giorni si è molto parlato della Corporate Social Responsability, cioé della “integrazione sui base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”, come definito dalla Commmissione europea. Si tratta cioé della adozione di specifiche best practices (“migliori” e non “buone” esperienze) in modo pervasivo in tutta l’azienda: dagli aspetti finanziari alla produzione (riduzione dell’impatto ambientale, sicurezza dei lavoratori, non sfruttamento del lavoro minorile, attenzione alla qualità e alla sicurezza dei prodotti), dal marketing alle risorse umane (gestione dei percorsi di carriera, politiche di formazione). Così è infatti chiarito nel documento che presenta il “Forum Italiano multi-stakeholder per la responsabilità sociale delle imprese”, di cui “Il Denaro” ha dato notizia il 12 maggio scorso, inaugurato dal Ministro del Welfare Roberto Maroni, che ha anche annunciato l’apertura di uno sportello informativo a Napoli nelle prossime settimane, in collaborazione con Unioncamere.Lo sforzo del Forum, tra le cui associazioni datoriali partecipanti è presente Confindustria, sarà quello di stimolare l’attenzione verso la Csr in particolare verso le piccole e medie imprese. Associazioni datoriali, sindacati, istituzioni ed esponenti del Terzo Settore si troveranno insieme a discutere sulle azioni da intraprendere per arrivare a realizzare la Csr in modo spontaneo, senza imporla per legge, anzi sopravanzando le stesse norme nella definizione di comportamenti di eccellenza nella attenzione alla responsabilità sociale. E’ importante che ciò avvenga senza la necessità di bollini di certificazione, facendo sì che la Csr si aggiunga semplicemente ai motivi di orgoglio che già Einaudi citava essere i veri motivi del fare impresa. Non più quindi il solo fregiarsi della crescita aziendale, ma di una crescita consapevole della propria responsabilità verso l’intero sistema-ambiente in cui l’azienda opera, in un’ottica di sviluppo non solo sostenibile ma, si spera, anche sostenuto.La Csr è quindi l’”I care” dell’imprenditore, e della sua squadra, che però non deve essere lasciato solo ma deve essere accompagnato da momenti formativi e da linee guida, che ci auguriamo vengano prodotte dal Forum, come il Libro verde già realizzato, ma che siano poi oggetto di specifici interventi curati proprio dalle associazioni degli imprenditori e oggetto di attività dei Centri Studi che ne monitorizzino i risultati. Si devono introdurre le esperienze di responsabilità sociale in modo adeguato alle esigenze delle PMI, anche per imparare a trarre profitto e vantaggi da un modo migliore di intraprendere, in cui lo spirito liberale e liberista non sia tradito da operazioni di alto valore simbolico ma che potrebbero rivelarsi dispersive, se non inserite in quadro organico di azioni modificative del modo di lavorare.Se fossimo in grado di condividere la Csr svestendoci dai sensi di colpa, con cui spesso si compiono gesti eccelsi, potremmo occuparcene pensando anche ai profitti che ne derivano: comprereste con più favore un paio di scarpe sportive prodotte con materiali inquinanti da bambini asiatici, o preferireste quelle fatte di materiali ecologici da giovani e felici mani artigiane, perché no, italiane?