Occhi aperti   

Con la scelta Francese, che anticipa Inghilterra e Olanda, l’Europa diviene sempre più un paese dell’Est. La barcollante economia dei paesi dell’allargamento, unita ai tassi di disoccupazione tedesca e alla decrescita italiana, fautrice di un aumento del debito pubblico, sembrano disegnare giorni tristi davanti ai nostri occhi. Ma forse non è proprio così. Cominciamo col sottolineare il fortissimo indebitamento pubblico statunitense, essenzialmente mantenuto, strategicamente, con l’asia in crescita. Ed evidenziamo come l’Europa allargata, come mercato e come risorsa, pone la leadership Usa nelle statistiche economiche in posizioni fortemente arretrate. Apparentemente sembrerebbe che la Costituzione Europea non sia ratificabile grazie a istanze di sinistra e contrarie al liberalismo, ma così non è. Semplicemente, come in Francia, si teme una Europa meno attenta al welfare e più concentrata sulla necessità di ridurre i costi del lavoro per battere la Cina, invece che concentrata sulla responsabilità primigenia di offrirci stili di vita adeguati alle spinte di benessere diffuso, stimolate in passato dal consumismo. Velocemente dimentichi di come, proprio noi italiani da Prato, nel dopoguerra funzionavamo come i cinesi d’Europa. Ed anche poco attenti di come il modello europeo funzionante sia quello dei paesi del nord, che hanno mantenuto privilegi e intervento dello stato nella solidarietà, concentrando tutti gli sforzi sulla ricerca scientifica e l’innovazione. Dovremmo imparare dalla Svezia e comprendere l’euroscetticismo danese. Ma non senza riflettere sulle scelte planetarie stabilite dal Wto. Luogo che, per i fortissimi interessi che rappresenta, non può non aver previsto gli scenari in cui viviamo e quelli verso cui ci spingiamo. Mentre ci preoccupiamo di mantenere invariato il livello dei prezzi sui nostri mercati, perdiamo ogni giorno una occasione unica. L’ovvia spinta al ribasso dei prezzi che si determina con l’utilizzo di manodopera cinese, come ormai fa qualunque oculato imprenditore occidentale, potrà consentire di aumentare il numero di items vendute nel mercato interno a parità di retribuzione, insieme all’equilibrio nella redditività percentuale degli investimenti che sarà sostenuta anche dall’aumento di domanda proveniente dai paesi emergenti. Paesi in cui lentamente, ma inesorabilmente, si innalzerà il costo del lavoro. E di conseguenza il volume di margine realizzabile. Quindi, invece deisarebbe utile una forte real politik che avvii una veloce epoca di recessione gestita. Come, senza troppi veli, in qualche misura avviene già negli states. Meglio questo che la rivolta sociale o qualche ulteriore guerra ai confini, come alcuni sarebbero tentati di stimolare per arricchirsi adeguatamente durante la trasformazione del mondo. In questi ultimi dieci anni si sono materializzate tutte le condizioni per rivedere Maastricht, figurarsi se approvare il ministro europeo degli esteri. Bene farebbe il prossimo governo a riutilizzare ogni strumento per favorire la mai avviata crescita tecnologica del paese, cominciando dal fecondo sud, anche a costo di dimenticarsi del rapporto tra Pil e debito, ormai inattuale.