La grande Europa   

Caro direttore, ieri è stato presentato, dalla Commissione indipendente sulla Turchia, il rapporto sull’adesione di Ankara alla Ue. La richiesta, che in sintesi viene presentata, è quella di permettere rapidamente l’ingresso di questo paese nel sistema Europa, senza porre alcun indugio ulteriore. Chi conosce la Turchia, pur nella sua variegata presenza di razze e religioni, non può non apprezzarne il coraggio e la capacità di modernizzazione dimostrata negli ultimi decenni, pur nella grande perizia nel conservare saldamente culture e moralità difformi dai diktat occidentali. Se l’Egitto o la Tunisia ci sembrano più lontane dai nostri schemi mentali, la Turchia, con la sua maggioranza islamica, è invece il preciso emblema dell’essere musulmani contemporanei. La libertà di religione in quel paese si mescola all’attenzione verso le regole proprie dell’islam, spesso influenti anche la legislazione, come avviene d’altro canto in tutto il mondo cattolico. Ed è palese a tutti il significativo ruolo che potrebbe svolgere questa nazione, saldamente ancorata all’Europa, nei rapporti complessivi con il mondo islamico: ancor più quando si profila all’orizzonte una tensione gravissima con l’Iran. Il 17 dicembre prossimo l’Unione dovrà decidere se avviare o meno il processo di apertura dei negoziati e, considerando che in questo caso l’ingresso sarebbe previsto per il 2015, appare chiaro come vi sia tutto il tempo per poter correggere il tiro, proseguendo nel lavoro ormai quasi concluso con l’adesione ai parametri stabiliti a Copenhagen, uniformandosi definitivamente agli standard europei. Il rapporto della Commissione indipendente è stato strutturato secondo gli schemi del confronto tra punti di forza e debolezza determinati dall’ingresso turco, evidenziando di gran lunga la prevalenza dei vantaggi e disegnando uno scenario in cui il tempo riuscirà a mitigare gli effetti negativi fin prima del 2015. Presentato dall’ex presidente della Finlandia Martti Ahtisaari e dall’ex segretario generale del ministero degli Esteri austriaco Albert Rohan, insieme all’eurodeputato Emma Bonino, il rapporto sottolinea come la negazione dell’ingresso potrebbe determinare un immediata instabilità e un rischio troppo alto, che si contrapporrebbe al sostegno internazionale che deve essere dato al processo di democratizzazione degli stati arabi. L’ingresso determinerebbe una naturale irreversibilità del processo di trasformazione del Paese di Kemal Ataturk in una moderna società democratica, dandovi quella continuità che azzera i timori di chi immagina una trasformazione dello stato Turco in una nazione fondamentalista. La multiculturalità, che ormai attraversa l’intera Europa, inizia a farci saper distinguere tra il criminale e inefficace terrorismo di matrice araba, minoritario all’interno della stessa cultura islamica, e la grande valenza della presenza e influenza della cultura mediorientale sui nostri costumi, specie per quei paesi che, come il nostro, si affacciano sul Mediterraneo. E la grandezza dell’impero romano non fu inferiore a quella dell’impero ottomano, dei cui discendenti non possiamo che sentirci pienamente fratelli, in barba a chi trova agevole creare proprio queste tensioni come unica arma per ridurre il potere e la valenza culturale di un’Europa estesa secondo gli schemi del sentire comune degli stati che ne fanno parte.