Il bastone e la carota   

Sarebbe utile non far calare la tensione sulle accuse reciproche mosse in questi giorni tra intellettuali e governo cittadino, che ricordano l’inutile momento analogo dell’ottobre del 2002. Intanto c’é da domandarsi se il sindaco Iervolino abbia mai avuto modo di leggere “Il resto di niente” di Spriano, educativo nel comprendere il rapporto tra intellettuali-borghesia-popolo-governo nella nostra città, sostanzialmente fermo agli stili di allora. E’ proprio come il Borbone di allora che il sindaco si appella al colore di Forcella in contrasto con i pensatori di Capri, dimenticando le esperienze di oltre dieci anni fa che invece hanno posto le basi per il riscatto cittadino. Fa meglio il coraggioso Achille Bonito Oliva, quando non si inalbera tout-court contro “gli intelletuali”, ma produce pagelle di buoni e cattivi basate, si badi bene, su risultati oggettivi di chi fa e di chi invece resta a guardare. Il problema è quello di replicare l’abilità che ebbe Bassolino di affiancare a sé l’onda che arrivò da Palazzo Marigliano e l’assise cittadina di allora, puntando su alleanze intellettuali e confronti che hanno poi generato supporto di consulenza e direzione dei vari settori su cui intervenire. Il decisionismo bassoliniano è costruito su una squadra solida, fedele e allineata che abbiamo lentamente perso in città. Bonito Oliva cita ad esempio il docente Silvestrini tra gli intellettuali da lui stimati. Dislocato in quella Bagnoli che vista dalla spiaggia di Coroglio mi fa pensare come sia stato possibile immaginarvici una Coppa America, senza neanche aver ridipinto le facciate fatiscenti dei pochi edifici sul mare, senza qualche minimo intervento che avesse potuto attrarre un qualunque valutatore. Quella Bagnoli in cui sono stati sversati ulteriori carichi di “munnezza”. Vicino a quella Città della Scienza che ha urgenza dei fondi per funzionare, ma che avrebbero di più bisogno di un sindaco in trincea, con i vessilli di una città unita immaginando che in fondo tutti noi abbiamo respinto il “fuitavenne” di eduardiana memoria perché pensiamo di potercela fare. Purché non ci si isoli l’un con l’altro e si abbia il coraggio di sollecitare maggiore dibattito pubblico sul futuro urbanistico ed economico della città.