Un Venezuela nuovo nelle intenzioni di Chavez   

La vittoria scontata di Hugo Chavez alla conduzione del Venezuela segna un momento definitivo nello spostamento a sinistra del continente sudamericano, già corollato dalla vittoria in Ecuador di Raffael Correa, il 43enne economista di sinistra che ha battuto il rivale Alvaro Noboa, legato a interessi e amicizie statunitensi , contro ogni sondaggio preelettorale. Certamente preoccupa un vecchio modo di fare americano quando vede perdere il controllo di territori, e mercati, che da sempre considera come propri, come quelli ricordati dalla recente scomparsa del dittatore cileno Augusto Pinochet. Ma sono anche interessanti le aperture dello stesso Chavez verso gli Stati Uniti, che seguono quelle del neoeletto Correa e del fratello di Fidel Castro, Raoul. Aperture che non possono non tenere conto della nuova avanzata dei democratici al Senato americano e dell’evidente disfatta degli ambienti massimalisti che hanno fatto da tutori alle scelte improvvide del Presidente americano Gorge W. Bush. Anche perché Chavez ha dimostrato chiaramente come può un paese ottenere un forte impegno popolare nella ripresa economica, corollata di cooperative industriali, ma anche segnata da un exploit fenomenale di banche ed istituti di credito attenti alla gestione statalizzata delle risorse minerarie, prime tra tutte il petrolio. Arma con cui diventa sempre più facile piegare gli istinti di conquista nordamericani, specie dopo l’evidente sconfitta del controllo iracheno che si va lentamente prospettando. Lo scontro non è dei più semplici, come ha dimostrato l’impasse che di recente ha chiuso la competizione per la nomina di un seggio non permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu, andato al Panama dopo ben 47 votazioni in cui il Venezuela si scontrava con il Guatemala. Seggio che si esaurirà al termine del mandato biennale nel 2008, momento in cui Chavez avrà potuto giocare le altre sue carte alla luce degli sviluppi in Africa, dove conta diversi alleatei, e a Cuba. Dopo così tante sconfitte gli Usa non possono permettersi ulteriori sbagli, soffocati da un debito pubblico ormai fuori controllo e sopra i limiti fissati, con una Cina che sembra sempre in procinto di liberarsi delle sue ingenti riserve in dollari a favore dell’euro. In uno scenario sempre più globale che punta lo sguardo anche verso il medio oriente, in cui sembra ad una svolta la situazione della striscia di Gaza, tassello fondamentale per gli equilibri e la pace in Israele, come dimostra anche la pressante esigenza di pochi facinorosi, ma ben armati, Hezbollah di rompere l’equilibrio che la Siria stava tessendo con gli Stati Uniti. Anche se i fondamentalisti americani che speravano proprio in una nuova crisi in quell’area sembrano essere ormai battuti dal realismo delle cose, ancora, speriamo, basate sul successo della democrazia.