Motori di ricerca su Internet: un’infrastruttura di pubblica utilità   

Mentre si cerca di darsi da fare per permettere ad un numero sempre maggiore di cittadini italiani di essere raggiunti da bande di comunicazione sempre più veloci, inizia a sorgere un piccolo problema tecnico che evidenzia un futuro da regolamentare. Sempre più spesso i motori di ricerca su internet, utilizzati da studenti, ricercatori, imprenditori e semplici naviganti, offrono come risposta alle parole cercate un numero cospicuo di pagine fasulle, per lo più un elenco inutile di collegamenti ad altre pagine, apparentemente messe lì per lucrare sugli spot organizzati dagli stessi motori di ricerca. Un cane che si morde la coda e si replica in modo infinito, producendo danno e disagio per coloro che, specie meno esperti, sono costretti ad aprire queste pagine per rendersi conto della loro perfetta inutilità. Ma se fosse un nuovo geniale metodo di censura? Provate a cercare un nome famoso. Vi verranno offerte spesso milioni di pagine possibili, tra cui moltissime fasulle che potremo definire “spam di ricerca”. Ora immaginate che qualcuno voglia seppellire sotto milioni di pagine, per esempio generate da un software automatico e non create dalla mano umana, qualche scritto scomodo o qualche documento inquietante: un governo o una forza politico-economica ben attrezzata potrebbe attuare in questo modo una forma sottile di censura. Emulata, o anticipata, da qualche grande compagnia per cassare, sommergere e rendere invisibile un concorrente. In questo modo così diventerebbe sempre più rilevante la posizione del proprio link, il collegamento alla pagina, che infatti è oggetto da sempre di vendita come servizio dalle major della ricerca su internet. Quindi, un po’ come si sospetta che accada con i famosi virus da computer, potrebbero essere stesso queste aziende a chiedere denaro per un posizionamento ben visibile e, contemporaneamente, produrre disagio per aziende ed enti che sperano di aumentare la visibilità senza pagare, solo in funzione dei propri contenuti. Si è spesso accennato al dissennato comportamento di alcune di queste aziende che offrono informazioni ai paesi dove vige un governo totalitario, come in Cina. Apportando tecniche di censura e impedendo il ritrovamento di notizie e dati se ritenuti di nocumento al potere centrale. Come fermare questi pericoli? Intanto se lo si fa attraverso norme e regolamenti non si potrebbe prescindere da una legislazione di tipo planetario, che sappiamo già essere di difficile se non impossibile promulgazione ed attuazione. Allora, nel frattempo, conviene che il tema della qualità e modalità di servizio dei motori di ricerca diventi almeno un argomento all’attenzione dei governi democratici che, riconoscendone il valore di pubblica utilità, ne gestiscano il controllo, come per qualunque altra infrastruttura pubblica, vedi autostrade e rete di comunicazione. Imponendo modi di funzionamento garanti della trasparenza e fruibilità di qualunque informazione resa tramite internet, anche intervenendo con capitale statale quando necessario per ottenere questo risultato.