Capitalia: la scalata virtuale degli olandesi di Abn   

Mentre non calano le polemiche e i malumori per la fallita Opa di Abn Ambro su Antonveneta, molti accusano di pura speculazione le manovre dei cosiddetti “immobiliaristi”, che si vedono pompare miliardi di liquidità nell’operazione Unipol-Bnl. Cosa c’è dietro tutto questo? Forse anche le future elezioni politiche e i diversi equilibri che queste creeranno nel sistema italia, fatto di aziende, industriali e non, di finanza, non sempre limpida specie nelle origini delle fonti, e di scambi d’ogni genere. Con una certezza tra tutte: il nostro apparato bancario fa gola agli investitori esteri, e agli olandesi in particolare, che di mercati se ne intendono. E allora giochiamo un po’ di fantasia con qualche ipotesi non proprio azzardata. Supponiamo che la tentata scalata della Abnalla Antonveneta fosse determinata dal tentativo di controllare quel 6 per cento che la banca italiana condivide con Capitalia. Circa il 10 per cento di Capitalia è già saldamente in mano olandese, aggiungiamoci il 6 per cento tramite Antonveneta e immaginiamo che sia facile che un ulteriore 10 per cento sia controllato attraverso fondi di investimento, per esempio lussemburghesi. Capitalia diverrebbe Capolanda in un batter d’occhio, con oltre un 25 per cento già in salde mani Abn. Si comprenderebbe così anche come sia stato favorevolmente approvato il piano di sviluppo di Capitalia da parte olandese: il piano prevede un futuro di public company per Capitalia che favorirebbe l’interventomeno controllato da parte dei fondi di investimento. Modo non del tutto trasparente, ma lecito, di entrare meglio nel gioco decisionale della banca italiana. E nelle banche, come dimostra l’assemblea attuale di Antonveneta, i consigli di amministrazione e le assemblee dei soci contano ancora molto. Quello che dispiace in tutto questo è l’assoluta inesistenza delle funzioni proprie della Banca d’Italia, uno dei rari casi di presidenza a tempo indeterminato nei sistemi bancari mondiali.