Legalita negata   

Mancano meno di dieci giorni alla scadenza posta dall’appello rivolto dal Comitato nazionale dei Radicali Italiani al Governo e ai vertici della Cdl e dell’Ulivo per porre rimedio, almeno in parte, alla degenerata situazione di illegalità istituzionale in cui versa il Paese. Le ombre sulle prossime elezioni sono tali da aver spinto la richiesta dell’intervento dell’Osce e del Consiglio d’Europa per evitare le gravi irregolarità poste già in atto nel 2000 durante la raccolta delle firme per le candidature alle precedenti regionali. La proposta dei Radicali consiste nel chiedere una urgente modifica delle regole attuali, inserendo per esempio una norma che preveda un preventivo deposito in Tribunale dei simboli e delle liste, sulle quali poi diviene possibile raccogliere le firme. Solo in questo modo si scongiurerebbe l’evidenza del broglio che si ottiene quando una lista viene presentata solo pochi giorni prima dei termini, con la palese impossibilità di raccogliere il numero di firme necessarie. E in questo insieme rientrano le liste personalistiche e di minoranza costruite o per ricattare un partito alleato fino all’ultimo istante o per produrre liste civetta in quei seggi in cui si teme una dispersione di voti. Questo ripristino di legalità è la condizione posta come prioritaria per qualunque accordo elettorale si voglia costruire con i Radicali, sia che provenga da sinistra che da destra. Anche se la Cdl è quella che, con Bondi e Gasparri, si è mossa per prima nel tentativo di aprire uno spazio di discussione, che i tempi indicati dalla mozione non consentono. Mentre il centrosinistra, Unità a parte che ha intervistato su questi temi Marco Pannella, è completamente silente, nonostante la battaglia per i referendum per l’abrogazione della Legge 40 contro la libertà di ricerca abbia visto l’appoggio di Rifondazione, Di Pietro e larga parte dei Ds. Battaglia che vede i Radicali di nuovo soli se nessun esponente politico (neanche tra i co-promotori dei referendum!) ha ritenuto di compiere almeno un atto di presenza mentre la Corte Costituzionale apriva la sua udienza, ad eccezione del segretario radicale Daniele Capezzone. La stasi partecipativa in Italia è così alta, insieme alla negazione del diritto ad essere informati, che non si corre il rischio, come avverrebbe in qualunque paese democratico, di vedere folle in rivolta per strada come in Ucraina. Eppure continuiamo ad essere il paese con il maggior numero di condanne da parte dell’Alta Corte di Giustizia europea. Sembra impossibile che qualcuno riesca a incidere sul “caso Italia”, quello che i cinque dossier sull’illegalità pubblicati sul sito www.radicali.it descrivono con dovizia di riferimenti giuridici. Tranne se uno dei poli saprà cogliere l’importanza della nuova sfida e saprà riconoscere l’indispensabilità dell’esistenza del movimento dei radicali, fermamente intenzionati a perseguire i loro obbiettivi, anche se all’interno di una coalizione in cui non coincidano perfettamente tutti gli obbiettivi.