Notte bianca a Napoli: lezioni da ricordare   

Mentre ci si scatena ad attaccare o difendere le amministrazioni locali sui risultati della notte bianca napoletana, in funzione del proprio ruolo di maggioranza od opposizione, non dobbiamo trascurare le lezioni ricevute. Prima tra tutte la voglia della gente di divertirsi, e di spendere, per farlo, anche in un periodo difficile. Le presenze hanno superato le previsioni pur rosee degli organizzatori, creando veri disagi solo nei punti e nelle ore prevedibili. Chi non amava la calca poteva tranquillamente spaziare tra le centinaia di eventi minori utilizzando un efficiente sistema di trasporti pubblici. Sarebbe interessante conoscere presto il risultato dell’indagine commissionata all’Efi dall’assessorato regionale alle attività produttive. Perché la sensazione è che l’unico comparto commerciale che si sia avvantaggiato è quello della ristorazione collettiva, non essendo molto comodo fare acquisti in mezzo a due milioni di persone. In molti ristoranti sono progressivamente terminati gli alimenti di base, primi tra tutti pane, acqua e pasta per le pizze, ma in molti luoghi i consumi sono continuati regolarmente fino alle 4 del mattino. Quello che viene fuori dalla notte speciale, con forza, è il desiderio di tante notti normali. Dieci anni fa i decumani furono normalizzati da spaghetterie e nuove illuminazioni. Oggi lo sarebbero da una presenza delle forze dell’ordine maggiore nei punti in cui tutti amerebbero passare ore serene in compagnia degli amici. Ma basta passeggiare di notte per le stradine di Chiaia, o recarsi al centro storico, per accorgersi quale sia la vera lacuna: manca uno spazio accettabile per le famiglie, per i gruppi di amici non solo ventenni. Manca la possibilità di accogliere coloro che non desiderano solo alcool e droga come svago, costringendoci un po’ tutti a sperare in cene o feste private. E il moltiplicatore commerciale mancante è rappresentato esclusivamente dalla scissione del target, che può essere determinato solo dal livello di sicurezza, su cui, faide a parte, non sembra di riuscire ad ottenere molto. E non dipende solo dalla coscienza civile o dalle responsabilità del governo locale: gli organismi preposti alla nostra tutela, se non ricordo male, sono ben altri, come altri sono i loro governi. Se qualcuno ci restituisse Napoli, ce la riprenderemmo tutti volentieri.