Il caso di Sergio D’Elia illumini le coscienze dei giovani.   

Ho conosciuto Sergio D’Elia partecipando con lui, insieme ad altri amici e compagni radicali, alla fondazione di “Nessuno Tocchi Caino”, l’associazione che lotta da 13 anni per imporre una moratoria internazionale contro la pena di morte.
E ho conosciuto e voluto bene a Mariateresa Di Lascia, che ricordo irrefrenabile combattente della lotta ad ogni cosa sintetica e falsa, a partire dai modi innaturali con cui si lotta contro le malattie. Leggere il suo bellissimo “Passaggio in ombra”, libro blasonato dal Premi Strega ricevuto postumo nel ’95, è un utile percorso d’amore che ben la rappresenta. Ma soprattutto mi auguro che la lettera scritta dall’Onorevole Sergio D’Elia ai suoi colleghi parlamentari, venga letta nelle classi delle scuole italiane. Per molti motivi semplici. In primo luogo per superare quella abitudine inveterata dell’educazione storica che impone il fermarsi ad epoche sempre distanti dall’odierno, lasciando che cadano in oblio fatti avvenuti anche trenta anni prima. Creando così un vuoto che lascia i ragazzi ignavi davanti agli orrori prodotti dalla Shoah, dal nazifascismo, dalla violenza della Polizia alla fine degli anni ’60 in Europa, protrattasi fino agli anni in cui moriva Giorgiana Masi. Ignavia alimentata dalla obnubilazione televisiva, che lascia confondere i terrorismi senza terra, nati dalla fine della guerra fredda in poi, con i terrorismi della lotta armata in Italia negli anni ’70: terrorismi entrambi utilissimi, alla fine, esclusivamente ai regimi contro cui sono nati. La lettera di D’Elia può dare agli insegnanti il filo su cui discutere oggi di Costituzione della Repubblica, di trame rosse e nere, di rieducazione e del fare politica. Perché è nel fare politica che Sergio D’Elia ritrova la sua palese innocenza, è nello sposare la nonviolenza che diventa educatore, pedagogo. E’ nel suo scoprire la via diversa per combattere le iniquità, che illustra, da lustro, alla coscienza civica come base su cui fondare il recupero morale della nostra società, cominciando dai giovani. E cominciando dal suo dovere di tenere la testa alta e ben visibile proprio quando alcuni tentano di mistificare il reale dettato costituzionale, di cui D’Elia è testimone vivente, disposto ad un sacrificio che risulta a tutti evidente, avendo donato la sua persona alla causa di un mondo migliore in cui stare.

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