Per un welfare sostenibile   

Caro direttore, nella relazione del presidente Anna Maria Artoni sulla “Piramide rovesciata”, che oggi rappresenta lo stato del rapporto generazionale in Italia, secondo i giovani imprenditori di Confindustria, sono esposte diverse interessanti e condivisibili tesi incentrate sulla necessità di instaurare un nuovo patto che consenta la costruzione di una società dei talenti. Attraverso un welfare che esalti la trasparenza nella spesa pubblica previdenziale, opportunamente riformata, rivolta anche al supporto della formazione e della ricerca più integrata con le necessità del mondo aziendale. Viene anche richiesta una maggiore capacità di integrare ed utilizzare l’immigrazione, cercando di attrarre in particolare chi ha acquisito know how nel proprio paese, inisieme ad una maggiore attenzione per il lavoro femminile, in modo da consentire l’accesso ad un numero maggiore di donne compatibilmente con l’esigenza di affrancare l’Italia dai record negativi di natalità. Diviene così fondamentale una maggiore integrazione tra Terzo settore e impresa privata, cavalcando l’onda di servizi sociali che deriva da una diminuzione della disoccupazione, specie femminile. Il ricco documento è da leggere con attenzione perché contiene numerose ulteriori analisi, idee e proposte di alto valore. A queste ci piace aggiungere alcune considerazioni, tese ad integrarne i contenuti, con l’auspicio che più autorevoli voci vogliano creeare un dibattito costruttivo intorno al tema di una riforma condivisa del welfare che lo renda sostenibile. Ad esempio vogliamo sottolineare come la tecnologia disponibile consentirebbe oggi una grande utilizzazione del telelavoro, tema quasi scomparso, che permetterebbe un miglioramento della qualità della vita e una riduzione dei costi di impresa in settori pubblici e privati: contabilità, telemarketing, customer care, localizzazione e traduzione, e così via. La stessa tecnologia oggi permette di fare learning on line in modo esteso, e presto saremo invasi da corsi di laurea di università straniere private, indiane e non, che potrebbero ridurre ulteriormente i flussi di denaro verso le nostrane, colpevoli di grande lentezza e mancanza di standard in questo settore. Così come non v’è nessun programma che faciliti l’inserimento della fascia over 50 di disoccupati, che potrebbero, con opportuni corsi di instradamento alla formazione, trasformarsi in utilissimi trasferitori di conoscenza per le aziende più giovani. Crescita della capacità di ogni individuo di esprimere le proprie eccellenze, quindi: ma quanti hanno aderito, per esempio, ai fondi per la formazione continua di Fondimpresa e Fondirigenti, utilizzabili tramite una quota oggi già spesa verso l’Inps? Quanti ne conoscono a fondo i vantaggi?