La democrazia esiste ancora in Italia?   

Nella bella sintesi ironica comparsa sul Los Angeles Times del 4 gennaio scorso, Graham Allison firma l'articolo "Arrivederci, democracy". Allison è direttore del Belfer Center per scienza e affair internazionali della Harvard's Kennedy School of Government, già assistente al segretario alla difesa statunitense dal 1993 al 1994.

L'articolo inizia confrontando la presenza Russa nel G-8, di cui assume la presidenza in queste ore, con l'assenza della potenza economica della Cina, esclusa per non aver superato i test sulla democrazia. Allison segnala come i senatori John McCain e Joe Lieberman abbiano chiesto di sospender la Russia dal G-8 finché il governo del Presidente Vladimir Putin cessi il suo assalto alla democrazia e alle libertà politiche. Basando tale richiesta sulla mancanza di rispetto delle regole di legge, alla soppressione dei media indipendenti insieme ad altri aspetti. A questo punto Allison si chiede se può, un presidente del consiglio di un governo democratico che chiede di stare nel G-8, controllare tutti i canali televisivi nazionali, legiferare per salvare se stesso e gli amici dalle accuse di corruzione, modificare la costituzione per avvantaggiarsi nelle imminenti elezioni? Ovviamente Allison si riferisce all'Italia e a Silvio Berlusconi, di cui narra le vicende degli ultimi cinque anni di governo, con sguardo particolarmente attento alle recenti critiche del centrosinistra. L'obbiettivo è quello di dimostrare che le lacune nella democrazia non sono solo russe, ma anche italiane. Domandandosi come mai McCain e Lieberman non si periscano anche della situazione di un paese dell'Unione Europea. Non che le accuse a Berlusconi giustifichino il comportamento di Putin, ma certo, se attenzione ci deve essere, deve essere paritetica. Da parte nostra viene facile indicare che anche gli Stati Uniti d'America, con un Patriot Act in essere, non brillino di luce democratica, e che quindi è facile prevedere che nessuna moratoria sarà messa in atto: anzi, forse sarebbe il caso di iniziare a pensare ad un allargamento serio alla Cina al tavolo del G-8. Forse riuscendo così a moderarne le mire espansionistiche e a irrigimentarne i comportamenti da dumping.