Mille tessere   

Caro direttore, non ci siamo proprio. In un solo soffio, con una sola presenza, il progetto “salvare Napoli” si colora di voto, non di politica si badi bene, con una collocazione inconfondibile dei suoi promotori. Aldo Masullo è infatti parte di quel gruppo che si rifà ai girotondini e a Michele Santoro, alla cui riunione di rilancio organizzativo ha partecipato. Peccato. Proprio ora che altri, mi si permetta di indicare come più rappresentativi del fare politico, si riuniscono in un tavolo bipartisan sulla legislazione penale, certo non nato sull’iniziativa degli “intellettuali” perché ben precedente, per cercare una via che permetta di incattivire le pene per i plurirecidivi, cosa condivisibile, ma anche con una scelta meno garantista di allungare i tempi della carcerazione preventiva, per sottrarla alla decadenza dei termini causata dal malfunzionamento della giustizia. In questo modo la società civile, che può essersi affiancata ai nobili propositi da assise democratica del famoso manifesto, si ritrova spiazzata a verificare i suoi sospetti che si trattasse solo di una manovra preelettorale. Partecipando alla quale ci si ritrova schierati da una delle due parti, senza saperlo, senza quella corretta chiarezza iniziale che a tali operazioni si dovrebbe porre innanzi. Certo, nessuno vuol essere ingenuo e far finta che non ce ne si sia accorti in tempo, costringendo però così i più a dover scegliere in un sottofondo ideologico e non in una aperta dichiarazione di intenti. La tristezza che afferra è però quella di vedere questi sussulti solo in momenti in cui le poltrone passano di mano in mano, non potendo nominare esplicitamente la parte del corpo che della poltrona più s’avvantaggia. Peccato, perché invece sarebbe preferibile che alla politica la gente si avvicinasse di nuovo con gli strumenti abituali e con i fini abituali. Quanto varrebbe la capacità di uno degli attuali partiti, o coalizioni, di attrarre nella propria organizzazione un gran numero di tesserati? Quanto conterebbero poi queste tessere nel designare il nome da candidare in quel seggio, espressione anche di localismi e interessi collegiali, e non più e solo calati dall’alto di una direzione nazionale, che spartisce i seggi sicuri e riempie quelli incerti? Quanto varrebbe un leader cittadino, regionale o nazionale, se si facesse forte non solo dei propri voti potenziali ma anche di una militanza ideologica e finalizzata munita di un proprio feticcio da tenere nel portafoglio e mostrare agli amici? Benché qualcuno si inalberi, pare che Forza Italia questo ragionamento lo abbia compreso e l’operazione dei mille giovani potrà solo favorirla. Rimane certo che i tempi per i giochetti sia finito, nei prossimi mesi troverà vantaggio solo chi si porrà con chiarezza davanti ai propri elettori e chi saprà usare i media per convincere gli incerti. In questi giorni non è cominciata solo la campagna per le amministrative, ma anche quella per le elezioni nazionali, in cui vedremo comporsi i tasselli di un puzzle di cui molti già conoscevano il disegno d’insieme.