Anche i figli dei criminali devono godere dei diritti civili   

Ultimamente si sono levate voci per sottolineare il ricevimento di una borsa di studio a favore di Francesco Paolo Provenzano, figlio del più noto Bernardo da più parti indicato come il capo di Cosa Nostra.
In particolare l’onorevole Giuseppe Lumia, dei Ds e esperto di cose di mafia, lo ha invitato a rompere con il padre come condizione per poter utilizzare la borsa, affermando che : “Bisogna chiedere al giovane Provenzano un chiaro segno di rottura con la storia criminale di suo padre se vuole veramente fare parte di un gruppo di giovani che dovrebbero rappresentare all’estero il meglio dell’Italia”. Non condivido le preoccupazioni dell’onorevole Lumia, di cui rispettiamo numerose altre posizioni. Sembra di tornare ai tempi degli antichi Greci, che intendevano la stirpe come una unità morale, in cui le colpe dei padri ricadevano sui figli. Concetto ripreso anche nella Bibbia, ma che il moderno diritto e le necessarie garanzie di giustizia, diritto di ogni cittadino, hanno ormai relegato alle norme simili alla legge del taglione. Che alcuni si possano voler dissociare dai propri parenti malavitosi è un bene per la propaganda necessaria a combattere la cultura mafiosa. Ma da qui a pretendere che ciò debba accadere obbligatoriamente per poter godere dei diritti civili ci sembra eccessivo poiché se immaginiamo che si possa travalicare il diritto per ottenere maggiore successo alla lotta alla criminalità, allora vuol dire che abbiamo perso la battaglia stessa per l’affermazione del diritto.
Non sono molto interessato alle vicende di studio di Francesco Paolo Provenzano, mentre sarei molto più interessato a conoscere quali siano le misure per contrastare l’ignoranza, la miseria e la disoccupazione nel Mezzogiorno, fonti prime della manovalanza criminale nelle nostre terre. E sapere che il figlio di un supposto plenipotenziario criminale si occupa di letteratura italiana in Germania, forse già lo distingue e lo sottrae alla comunità criminale, fatta necessariamente di persone senza alcuno strumento culturale possedendo i quali avrebbero avuto certamente modo di sentire come propri i valori di legalità, giustizia e, sopra tutti, di libertà.