La criminalità si batte con il lavoro   

Ancora una volta si sprecano urla e dichiarazioni intorno al tema della criminalità a Napoli, stavolta direttamente tra gli interessati alla gestione del territorio, che è già meglio che tra filosofi e insegnanti. Ma sembra che nessuno abbia intenzione di fare poi veramente qualcosa. Ha colpito tutti la dichiarazione del questore su una situazione migliore a Palermo che a Napoli: può offendere i palermitani inutilmente presi a campione della massima criminalità, come può offendere i napoletani che da tale confronto si sentono lesi. Ma è un dato di fatto, come hanno avuto modo di testimoniare importanti esponenti del mondo industriale. Certo, molto passa attraverso la necessaria educazione morale e civile di cui tanti nostri concittadini avrebbero bisogno, risultato ottenibile nel medio-lungo tempo se qualcosa di serio cominciasse a farsi, e non solo nelle scuole. Qualcuno, toccando involontariamente il tema liberale della legalizzazione della mafia, ha citato una situazione di evoluzione della criminalità organizzata che in molte aree si è trasformata incivilendosi, imparando a gestire meglio i grandi flussi di denaro e affari a disposizione, cosa palesemente non avvenuta nella nostra città e nel suo hinterland. La domanda da porsi è: perché? In un cantiere edile del circondario, novella ormai nota a molti, ultimamente si presentò un figuro semipericoloso con un messaggio dato al capomastro per l’imprenditore: “Torneremo, lui sa chi siamo e chi ci manda.” Riferita la minaccia all’imprenditore, ignaro dell’identità del personaggio, il capomastro riceve come istruzione quella di chiedere meglio di chi si trattasse al successivo incontro. Il giorno dopo si presenta un nuovo figuro, con la giacca rigonfia al petto, che dice “Bene, sapete quello che dovete fare.” Il capomastro a quel punto, timorosamente, chiede al criminale di chiarire a chi si riferisse il suo collega il giorno precedente. “L’altro ieri? Ma noi oggi è la prima volta che veniamo!” Funziona così, senza regole, per l’edilizia come per il commercio, unitamente ad una lunga pletora di personaggi, più o meno pubblici e più o meno corrotti, a cui dare conto ogni giorno. Erodendo continuamente la redditività delle imprese che poi rinunciano oggi alle norme di sicurezza e domani alla corretta gestione fiscale e contributiva, e forse pure al fare impresa. Povertà che crea povertà. Da dove cominciare? Forse dall’imporre il casco alle fiumane di malvestiti ragazzini che imperversano senza casco sui motorini lungo i corsi principali di tutta la provincia nelle ore serali, o sempre in estate, come i loro coetanei dei quartieri più malfamati (leggi più poveri). Ripristinando Alto Impatto, altro non rappresentando che la speranza che le minacce personali ai funzionari delle forze dell’ordine, e alle loro famiglie, fossero meno praticabili, non essendo nessuno di loro napoletano. Ma questi palliativi senza misure per la ripresa dell’edilizia abitativa e popolare, senza la creazione di lavoro vero, senza tutela del reddito d’impresa, senza ricchezza diffusa, non porterà a nulla. E per farlo occorre ripristinare l’equilibrio tra poteri e deleghe tra le forze politiche, di maggioranza e opposizione, e tra quelle che controllano il territorio. Altrimenti prima o poi ci si accorgerà che è finito pure il sangue per le sanguisughe.