Un leghista di troppo   

E’ ormai chiaro che il leghista Tremonti sia stato messo lì dove si trova per fare il lavoro sporco. Dopo mesi che da più parti parliamo, di qua e di là, di Banca del Mezzogiorno, il vicepremier ne approfitta per simulare il progetto come proprio. Con una tecnica utilizzata in modo così spudorato da disinteressarsi ormai del pericolo di palesarne il gioco. Quando Tremonti ha lanciato la proposta dell’intervento di concessione secolare delle spiagge, connessa alla ipotesi di aumentare così, in un sol colpo, sia il gettito delle entrate di Stato che il numero dei turisti asiatici, lo ha fatto passando in lento sorvolo sul tema della banca del sud. Ottenendo così un gran clamore su una proposta becerotta e figlia di qualche maldestro ricordo di tentativi già fatti di edificazione delle coste misti a memorie di possibili provvedimenti attuabili sui beni demaniali. E oscurando l’idea della banca del sud. Appare fortemente evidente che il senatur gli debba avere ordinato di provvedere alla sistematica distruzione e affossamento di qualunque idea o progetto utile allo sviluppo meridionale. Perché, è bene non dimenticarlo, il progetto leghista nasce nel nord in cui la maggior parte degli impiegati statali, postini e insegnanti compresi, sono meridionali o di origine meridionale. Perché noi terroni, come i curdi in germania, pur di lavorare, non abbiamo mai ritenuto che ci fossero cose più o meno dignitose da fare. Il lavoro è dignità in sé. E se, quindi, una riforma dello stato richiesta da facinorosi secessionisti deve essere compiuta, la metodologia con cui la si compie è di livello pari ai suoi proponenti. Che con le loro istanze palesano il bassissimo livello culturale di provenienza, furiero di quello stesso populismo con cui si dà ragione al razzismo, alla paura dei diversi da se, che siano negri, ebrei o comunisti, come cantava una canzone di anni fa, dimentica solo dei gay. Ed è con questi metodi di scarsissimo contenuto intellettivo, non intellettuale si badi, che si sta tentando di farci dimenticare che il sud paga alle banche tassi molto superiori a quelli praticati al nord. Problema ben maggiore degli investimenti non effettuati dall’industria privata nei nostri territori, cosa che non dipende certo dalla territorialità della proprietà delle banche, ma piuttosto dalla capacità di irrigimentare la delinquenza organizzata e stroncare la burocrazia mazzettista. La verità è che l’intervento straordinario nel mezzogiorno una banca l’ha già avuta, l’Isveimer, è non è stata una bella esperienza. La verità è che un grande industriale produttore di scarpe che respirano, quelle che tolgono il fiato per quanto costano, dopo aver fallito i tentativi di insediarsi nell’afragolese, ora sta scaricando odio di vario tipo sui nostri territori. La verità è che a Roncobilaccio ci sono sempre code, che il traffico tra Puglia, Campania e Calabria è fatto con infrastrutture uguali da cinquant’anni, pessime se non inesistenti. La verità è che aziende nazionali e multinazionali, dopo aver assorbito i fondi della vecchia Legge 64, ora stanno dismettendo al Sud, creando disoccupazione in fasce d’età inoccupabili. E che il finanziamento per i progetti di Nerli sul porto di Napoli contano meno del ponte di Messina. Insomma, incaricare Tremonti di parlare tanto di Sud serve proprio a farci capire che non abbiamo grandi chance. La destra si svegli su questo: c’è un leghista di troppo a Roma.