Dismettere il tabacco, puntare sulla canapa   

Una delle possibilità di rilancio per la nostra agricoltura potrebbe essere quella di riconvertire le coltivazioni di tabacco, che hanno visto subire una profonda recessione negli ultimi anni e sono state influenzate dalla contrazione della domanda, alla coltivazione della florida canapa. Fino alle crisi degli anni ‘50, l’Italia era la seconda nazione al mondo per produzione di canapa, con punte di eccellenza in Campania che produceva quasi il 25 per cento degli 800mila quintali annui degli inizi del ‘900. Il primo nemico della canapa fu il petrolio, con l’industria delle materie plastiche e fibre da esso derivate, di cui la canapa rappresentava alternative che oggi appaiono sempre più convenienti. Anche perché la biodegradabilità della canapa è notevolmente superiore a quella dei prodotti del petrolio, che se possono apparire più economici non lo divengono quando si comprende nei costi anche quelli dello smaltimento. Il trucco con cui aggredirono la canapa fu il proibizionismo verso il cannabinolo, presente però in forte concentrazione nella canapa indiana e molto meno in quella sativa, utilizzata a livello industriale. Dopo anni bui, fin dal 2003 in Europa si è di nuovo rilanciata e cofinanziata la coltivazione di canapa, sottoponendo a protocolli specifici le coltivazioni per distinguerle da quelle non autorizzate. In Italia un ruolo determinante lo ha giocato l’azienda Gruppo Fibranova, di Felice Girando, presidente di Assocanapa, che partendo da solide basi etiche propone un significativo supporto alla coltivazione e trasformazione della canapa affermando che “è una pianta autodiserbante, rinnova i terreni dove è coltivata e non ha bisogno di pesticidi, inoltre non richiede trattamento né irrigazione. È la coltivazione biologica per eccellenza”. Dalla canapa, oltre a corde e vele, si trae anche un’ottima carta, più economica e raffinata di quella prodotta con il legno: si contribuirebbe così a una riduzione della deforestazione per la produzione della carta. Senza dimenticare che dalle biomasse di canapa, residui di lavorazione compresi, si trae un ottimo biodiesel per autotrazione come insegnò a suo tempo Ford. Per Paesi senza giacimenti petroliferi forse la canapa interrompe cicli finanziari troppo potenti per consentirle di tornare.