Italia, simboli religiosi e luoghi istituzionali   

Mentre alcuni si affannano a gettare benzina sul fuoco, persistendo nell’affermare una ridicola origine giudaico cristiana delle origini europee, come se i sassoni dal nord e gli arabi dal sud non fossero mai esistiti e come se l’impero ottomano non avesse avuto influenza quanto quello romano, continua l’eresia dell’esposizione del crocefisso in molti luoghi istituzionali.
Che senso ha l’esposizione di un simbolo sacro nei tribunali, nei seggi elettorali, nelle scuole e in molti uffici pubblici? Da cattolico, scomunicato perché macchiato di separazione coniugale, non comprendo perché lo Stato debba imporre la simbologia di una religione unica, nonostante la nazione sia composta da numerosi musulmani, un discreto numero di ebrei, ma anche tanti buddisti, tibetani o nipponici, che convivono con più cristianesimi, alcuni dei quali totalmente lontani dalla idolatria della croce. L’affanno di taluni politici, visibilmente influenzati da sudditanza vaticana, si scontra con i valori non solo della Costituzione, ma quelli propri della tolleranza ed il rispetto dei credo altrui. Il diritto allo studio è riservato solo ai cattolici? Durante le operazioni di voto, se non cattolico, ho diritto a vedere esposto anche i simboli della mia religione? O, come in Tribunale, devo intuire che il giudice che mi si trova davanti possa essere influenzato pregiudizialmente dal simbolo religioso che espone? Non credo che occorra tanta energia mentale per comprendere come, nella moderna società, sarebbe opportuno ritrovare il pudore che distingue chi sa raccogliersi in preghiera nei luoghi preposti, a differenza di chi cerca di imporre la propria religione agli altri.
Come accade in ogni fondamentalismo. L’amore per il prossimo, che è facile sentire indipendentemente dal dettato religioso, impone a ciascuno di noi di riflettere sui veri modi da attuare per integrare, accettare e rispettare chi professa fedi diverse dalla nostra: cominciando a rendere laico lo Stato, specie nei luoghi di massimo esercizio del potere democratico, usando quindi il corpo di Cristo per gli usi ai quali ci è stato donato.