Trasfusioni e sacerdozio usati per discriminare   

Se Benedetto XVI firmerà il documento che vieta agli omosessuali di accedere al sacerdozio, istanza nata dal precedente pontificato sulla base dello scandalo pedofilia scoppiato negli Usa, si darà un evidente segnale di arretratezza culturale delle gerarchie ecclesiastiche e si cadrà nell’evidenza dell’ammissione di colpa. Confondendo ancora una volta la pedofilia, cioè l’atto di produrre violenza sui minori di ogni sesso, con i diversi orientamenti affettivi delle persone gay. Cassando così di ogni valore il celibato e il voto di castità tanto declamato, poiché, se tali principi attengono al sacerdozio, non si spiegherebbe che cosa contano le scelte fatte nel periodo precedente. La verità è che questi voti sono ormai impregnati di una ipocrisia patente che continua ad ignorare come sia sostanzialmente impossibile, se non deviante, imporre una castrazione psicologica a persone, come i sacerdoti, continuamente in contatto con migliaia di individui verso cui è impossibile frenare gli istinti affettivi e di attrazione fisica. Come dimostrano le malcelate relazioni di fatto esistenti diffusamente nel clero. Usare il divieto imposto alle persone omosessuali sembra essere un escamotage utile solo a soddisfare il puritanesimo americano e a distrarre l’attenzione dalle gravi disfunzioni psicologiche in cui vengono indotti i sacerdoti cattolici dai divieti vaticani. Stessa modalità di pensiero con cui il Ministero della Sanità italiano cerca di sviare le proprie responsabilità in materia di igiene nelle trasfusioni di sangue, causa di gravi epidemie di epatite, agitando lo spettro del divieto di donazione di sangue agli omosessuali, individuati come soggetti a rischio Hiv, quando la prostituzione e l’assenza di serie campagne per l’uso dei preservativi ha ormai condannato gli eterosessuali ad essere maggiormente colpiti dalle gravi affezioni indicate. Purtroppo, è ormai evidente, la ricerca di consenso del potere, politico e religioso, è agita utilizzando tutte le istanze, trasformate in paure dalla censura, che le persone portano atavicamente dentro. Prima tra tutte quella della negazione della latenza bisessuale che una società di esseri con pari dignità inevitabilmente evidenzia.