La cella di Clementina   

Clementina Cantoni l’abbiamo conosciuta attraverso una delle sue rare foto con i capelli coperti, in segno di rispetto delle scelte religiose delle molte donne afgane con cui si trovava quotidianamente a contatto. In queste settimane abbiamo imparato anche a vedere protestare per la sua liberazione decine di donne ricoperte dal classico burka celeste usato in quelle terre lontane. Poi, tardi, qualche manifestazione in Italia e adesso pare che annuncino anche uno spot televisivo. Ma qualcosa non quadra per nulla. Stavolta non sembra che ci sia nessun Calipari da immolare, nessuna intenzione di pagare riscatti, poche possibilità di intervento da parte dei tanti canali che in questi casi si aprono. E mentre Clementina rimane prigioniera, speriamo viva, a poche decine di chilometri dal luogo del suo rapimento ci giungono, ovattate, notizie di morte per decine di operatori umanitari. In un gran balletto di confusione sulle richieste dei rapitori, che sembrano spaziare dalla richiesta di distruggere le coltivazioni di oppio alla liberazione di qualche mamma, alla chiusura di trasmissioni radio. Evidenziandoci a tutti come sia strano vedere come “ricatto criminale” la richiesta di distruggere le piantagioni da cui proviene la maggior parte della materia prima per l’eroina nel mondo. Mah! In fondo perché privare quelle terre di così bei fiori e di così florido mercato? Tanto, ne siamo certi, dei guadagni del traffico di droga afgano se ne avvantaggeranno pochi delinquenti, mica potentati economici e politici planetari. Che ignobile diceria!. Intanto della Cantoni sappiamo che si usa il suo cellulare, quello Gsm, di cui ci hanno insegnato che un uso innovativo è quello di poterci dire dove siamo, con precisione quasi millimetrica. Pare pure che ormai questi gioiellini tecnologici possano anche essere intercettati. Ma nessuno si immagina che tali intercettazioni possano servire a scoprire dove tengono Clementina, da dove partano le chiamate fatte dal suo cellulare. Chissà se qualcuno s’è peritato di ricaricarglielo, in questi giorni. Il numero di quel cellulare è sufficientemente pubblico, se permette di effettuare anche lunghe interviste al delinquente rapitore da parte dei giornalisti che ne sono in possesso. Possiamo immaginarli quei tanti cellulari che squittiscono il loro sms che avvisa del telefono riacceso. Grande elettronica, ma nessuna voglia di sapere dov’è Clementina Cantoni. Sarà che le facce pulite dei suoi amici e colleghi saranno troppo meno fotogeniche degli amici della Sgrena, che non comprendo come mai permettano ancora di comparire in televisione e comizi, dopo la grande responsabilità che porta sulle spalle. Ma, vedete, il bipolarismo è quella malattia che ormai afferra un po’ tutti, che trasforma anche gli ostaggi in vittime di proprietà del centrosinistra e del centrodestra. Sì che si possa parteggiare anche qui come davanti ad una partita di calcio. Dimenticando tutti quel film per ragazzi, istruttivo per molti adulti, War Games, in cui un bambino insegnava che nel gioco delle contrapposizioni sterili e fini a se stessi c’è solo una regola da applicare: è impossibile vincere.