«Agenda Giavazzi», proposte da rilanciare   

Da più parti viene ripresa quella che ormai ha il nome di “Agenda Giavazzi”, cinque priorità poste al prossimo Governo in un ormai famoso articolo pubblicato dal professor Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera del 26 novembre 2005. I cinque punti sono certamente complessi e innovativi, ma anche sintesi di analisi svolte all’interno di Confindustria. Il primo impegno parte dall’abolizione del valore legale del titolo di studio, come già avviene in Gran Bretagna, premessa per creare concorrenza tra le Università. Il secondo richiede la cancellazione degli albi professionali, mutati in libere associazioni, con la conseguente eliminazione delle tariffe minime. Il terzo punto è stato superato dagli eventi di Bankitalia ma rimane la necessità di ridare autorità alle Authority. Il quarto prevede lo scioglimento della Cassa Depositi e Prestiti, attraverso collocazione in Borsa del suo patrimonio. Il quinto ed ultimo punto risolve brillantemente le carenze della Legge 30 in tema di occupazione, proponendo per l’Italia un modello simile a quello danese. Rimandando a più illustri analisti le valutazioni specifiche, rimane interessante capire se il prossimo Governo Prodi saprà cogliere gli aspetti cruciali delle proposte che rischiano di essere usate da alcuni come “paradossi”, facendogli perdere il lustro che contengono determinato proprio dalla loro effettiva origine. Ovvero da numerosi documenti di specialisti del mondo imprenditoriale e universitario, come lo stesso Igier, Istituto Innocenzo Gasparini di Ricerche Economiche della Bocconi, di cui è parte Giavazzi. Il risparmio a piene mani determinato dalla libera concorrenza a cui sarebbero soggetti già solo avvocati e notai, comporterebbe una accelerazione insperata per i cenni di ripresa industriale del Paese. Ancora vessato da forti percentuali, nei propri bilanci, per costi di consulenza determinati solo da ritardi indicibili nell’ammodernamento di burocrazia, fisco e macchina della giustizia. E determinando una immediata maggiore fiducia delle imprese dal rapporto con i professionisti della ricerca scientifica del mondo Universitario, ancora troppo autocentranti in un modello non concorrenziale.