Bambini in carcere   

Caro direttore, parlare di Caso Italia, alludendo alle violazioni dei diritti umani, è poca cosa quando ci si riferisce al regime detentivo a cui sono soggette oltre 56 mila persone, con un sovraffollamento di 14 mila unità rispetto al previsto. Non sono conteggiati in questo numero i 60 bambini di età inferiore ai tre anni che la legge italiana prevede di far vivere all’interno delle prigioni insieme alle loro madri detenute, per poi barbaramente separarli. E’ impensabile che non siano previste misure speciali per il detenuto donna con figlio piccolo, tali da allontanare dal carcere queste 60 donne, permettendogli di scontare la pena della privata libertà in un luogo diverso dalle fatiscenti patrie galere. Questo indipendentemente dal tipo di reato commesso, ovviamente. Ma sperare in un minimo di raziocinio da parte di quello stesso parlamento che ha pensato e approvato una legge farsa come quella dell’”indultino” è cosa vana. Anche perché è lo stesso Paese in cui un sessantenne di nome Mesina, in carcere da oltre quarant’anni, si vede rifiutare la grazia nonostante la sua condotta carceraria irreprensibile. Un carcere in cui il 50 per cento delle persone è in attesa di un giudizio, che non riesce a far decollare né le riforme tese al reinserimento, né l’intervento diretto del sistema sanitario nazionale, un carcere che spesso presenta situazioni di degrado e fatiscenza, diviene un luogo di tortura dal quale uscire reinseriti nella società rimane un sogno da sociologi. Questa barbarie deve essere all’attenzione di tutti ed è necessario che si crei una maggiore relazione tra sistema carcerario e sistema delle autonomie regionali, pensando all’uso delle misure dei piani regionali di sviluppo per favorire l’inserimento lavorativo della persona condannata, specie quando gli si apre la possibilità di vivere parte della giornata lavorando. Ma il nuovo clima ha fermato la riforma Gozzini, da un lato, lasciando aumentare il numero di crimini commesso dalle numerose persone condannate e rimesse in libertà, rendendo vano il motto “la legge è uguale per tutti”. Dobbiamo liberare quei 60 bambini dalle carceri e dobbiamo far sentire i 56 mila detenuti ancora facenti parte della nostra vita democratica. Rimane forte l’intervento dei Radicali, con la loro Radio Carcere, che si somma agli sforzi di tanto volontariato laico e religioso che ogni giorno fornisce supporto e attenzione alla persona detenuta. Ma dobbiamo anche continuare sulla linea di depenalizzazione di molti reati, azione che insieme al necessario indulto, potrebbe migliorare sia il sovraffollamento da terzo mondo, sia, soprattutto, rinvigorire il senso di appartenenza all’Italia da parte di quei cittadini che tutti desideriamo recuperati ad una vita comune.