Diamo alla Caritas i capi contraffatti   

Nei giorni scorsi sono stati sequestrati dai Carabinieri, tra gli altri, 250 paia di jeans e pantaloni, 70 paia di scarpe, 300 magliette e t-shirt, nell’ambito di una operazione che ha smantellato una rete di vendita on-line di prodotti contraffatti di noti marchi come Prada, Dolce e Gabbana e Cavalli.L’abbigliamento griffato, insieme a numerosi accessori, è stato rinvenuto in due capannoni nelle zone di Casagiove e Casapulla, in provincia di Caserta. Ci domandiamo quale sia il destino di questi prodotti sequestrati, preoccupati che possano finire in balle di stoffe sottoposte a distruzione, come avviene per gli abiti dismessi e altri tessuti che normalmente vengono ridotti in listelli, poi assemblati in balle, per il mercato del riciclo del tessile. In genere il materiale sequestrato può essere, quando lecito, rivenduto in aste per risarcire danni o “condannato” ad una distruzione che ne modifichi il valore o la sostanza. Perché invece non immaginare che possa essere donato a persone meno abbienti?Senza voler raggiungere il Sud America, di cui la televisione ci ha abituato a vivere il disagio di chi abita le favelas, costretti spesso a frugare in cumuli di immondizia per cibarsi, sarebbe estremamente generoso da parte delle Case di produzione provvedere alla autorizzazione per la distribuzione ai centinaia di migliaia di homeless che iniziano ad abitare le nostre città, il popolo che spunta di notte e dorme avvolto da cartoni, spesso non in grado di procurarsi nemmeno il minimo vestiario decente.Certo saremmo il paese più elegante del mondo, con i vagabondi griffati, ma, scherzi a parte, potrebbe essere veramente una opera di grande conforto se, ad esempio tramite la Caritas, venissero destinati ai più poveri tutte le merci poste sotto sequestro per contraffazione, come abiti, scarpe e, perché no, anche saponi, detersivi e altri generi che, seppur falsi, possono svolgere egregiamente la loro funzione.