L'accordo Cafta e l'imperialismo americano   

George W. Bush mette a segno un altro colpo a favore della corporations americane, a danno, ancora una volta, di popolazioni già vessate e disagiate da uno sviluppo solo annunciato e dalla pervasiva presenza della criminalità organizzata. Per un pugno di voti, e dopo una cruenta battaglia, il Senato americano ha infatti approvato l’accordo Cafta, simile al Nafta, che prevede una area di libero scambio tra Usa e alcuni paesi sudamericani: Nicaragua, Guatemala, Honduras, El Salvator e Costa Rica. Paesi su cui Bush intende mettere le mani, poiché è palese a tutti che non vi è il minimo equilibrio con la forza che l’agricoltura e l’industria americana possono mettere in campo. Figlio di un altro progetto, sostanzialmente fallito, l’Alca, la Cafta serve a tenere sotto scacco paesi retti da governi progressisti, come Brasile (col presidente Lula), Argentina (con Kirchner) e Venezuela (con Chavez). L’area Cafta diverrà una terra di mezzo in cui verranno stracciati i diritti dei lavoratori che diventeranno il contraltare di quanto hanno finora rappresentato per l’Europa i paesi dell’Est e la Cina, con una manovalanza a costi infimi, da usare solo per produzioni di basso livello, come l’assemblaggio industriale. Una evidente contrapposizione alla organizzazione del G20, che associa i maggiori paesi in via di sviluppo, comprese India e Cina, e di cui è promotore proprio il brasiliano Lula. L’accordo Cafta getterà i paesi coinvolti in un rapporto di schiavitù commerciale con gli Stati Uniti, danneggiando anche internamente le piccole aziende agricole e industriali nordamericane, che non potranno competere con i Mib che compreranno la manquila in centramerica. in cui l’economia è già disastrata e fortemente dipendente dal Fondo Monetario Internazionale. Se esistesse una Europa ci si potrebbe domandare quale sarebbe la sua risposta e la sua reazione. Ma l’Europa non esiste, e così lo scontro sarà solo per contrastare le Tigri Asiatiche, mentre noi impareremo che i prezzi bassi non saranno solo cinesi, presto, ma anche americani.