Banca del Mezzogiorno, non c’è coerenza   

Se le persone fossero sinceramente coerenti con i propri principi, avremmo piacere di assistere a una celere dimissione in massa dagli incarichi conferiti per la costituzione del comitato promotore della Banca del Mezzogiorno istituita da Giulio Tremonti, da non confondere con la Banca del Sud fondata da Francesco Andreozzi e per la quale la raccolta di capitale è di oltre 12 milioni di euro, anche grazie all’intervento del Presidente Adriano Giannola dell’Istituto Fondazione Banco di Napoli e all’ingresso nel capitale della Banca Popolare di Puglia e Basilicata.
Dovrebbe ritirarsi dall’incarico chi si dichiara meridionalista convinto, chi può vantare la memoria delle nostre origini, chi si sente di poter rappresentare a pieno titolo le nostre tradizioni imprenditoriali e culturali.
Non è necessario, né utile, trasformare in problema politico la scelta compiuta da chi è sempre stato vicino alle posizioni autonomiste del nord. Noi meridionali apprezziamo di più la forza e il coraggio dell’impresa privata, e ameremmo molto la chance di non dover usufruire più della sovvenzione pubblica, che comunque non ha dato esiti negli ultimi vent’anni.
Ameremmo le infrastrutture minime di cui necessitiamo, invece di inutili ponti di stampo propagandistico.
Come necessitiamo di un governo nazionale che si occupi più di normare l’ignobile forbice dei tassi debitori, invece di rispolverare antichi strumenti che hanno già dimostrato la loro inefficacia.
Se un Meridione esiste, deve alzare ora la testa per insegnare che non siamo interessati ad imprese parapubbliche tese a rastrellare quel poco di risparmio che generiamo, dando invece respiro alle imprese che nascono locali e che possono solo auspicare il sano respiro internazionale dettato dalle nuove regole di mercato.