Rispetto dell'ambiente: la Cina è competitiva   

A Montreal si è chiuso il lavoro dei negoziati Cop11, la conferenza sull’ambiente che ha visto diecimila delegati discutere sul futuro del dopo Kyoto, ormai vicino alla scadenza del protocollo fissata per il 2012, e ormai decisamente prorogata.
L’Europa è uno dei soggetti portanti dell’iniziativa, stanziando oltre 7 milioni di euro, come visibile anche dalla soddisfazione del commissario all’Ambiente Stavros Dimas, del ministro canadese dell’Ambiente Stephane Dion e della presidenza britannica. L’America si è ancora riservata di prendere una posizione decisa, nonostante la colpevole percentuale del 25 per cento, a livello mondiale, nella produzione dei gas serra. Le rimane ancora una forte possibilità di aderire, probabilmente quando, nel 2006, si terranno i negoziati di Cop12 nel Senegal. Intanto di ambiente si inizia ad occupare anche il governo cinese, che già calcola i danni della perdita di oltre 100 tonnellate di benzene nel fiume Songhua, a pochi chilometri dalla città di Harbin, dove sono state avvelenate le riserve di acqua per milioni di persone. Comprese quelle di molte città russe dove è poi proseguita la corsa della chiazza venefica. Da questa esperienza la Cina può trarre una grande lezione: non preoccuparsi dell’ambiente non è una semplice inaccortenza ecologica: è un costo sociale posticipato. Inoltre, e questo può tornare utile anche al nostro Pil, la Cina inizia a valutare la convenienza del profitto capitalista insito nell’industria sottesa alla protezione dell’ambiente. Servizi, prodotti, norme e tutele che producono impresa alla stessa stregua delle aziende che ne vengono coinvolte come soggetti fruitori. E l’apertura comunista al capitalismo, che si è materializzata in Cina, è attenta ai processi che si stanno consolidando, partendo dalla esponenziale ruota della domanda interna. L’incidente di Songhua può quindi vedere la realizzazione di immediati processi di trasferimento di competenze e tecnologia in materia di tutela ambientale, ben oltre l’attenzione al riciclo dei rifiuti che sta già coinvolgendo a braccetto l’entourage militare e burocratico di apparato con i soliti soci di minoranza occidentali. A quando le sedi di alcuni esperti campani a Pechino?