Iraq, ritiro delle truppe italiane: necessaria maggiore chiarezza   

Il susseguirsi, anche contraddittorio, delle voci sul ritiro delle truppe italiane dall’Iraq richiederebbe maggiore chiarezza e univocità di scelte da parte del governo Prodi. Che appare congelato, non solo su queste scelte, dal completamento della formazione delle commissioni parlamentari, a partire dalla giunta delle elezioni. Secondo l’ufficiale della riserva dell’Esercito, Paolo Rolli, giornalista di “Pagine di Difesa”, in un intervento del 23 maggio 2006, il ritiro dei nostri militari dall’Iraq è letteralmente una “bufala”.
Questo perché era già previsto, come molti ricorderanno, il ritiro per fine 2006 secondo quanto dichiarato informalmente in televisione già dall’ex premier Silvio Berlusconi, che anticipò l’avvenuto accordo con Stati Uniti e Gran Bretagna di ridurre significativamente il contingente a partire da settembre. La riduzione è già avvenuta nell’ultimo avvicendamento, anche se in modo non significativo, e procederà gradualmente secondo un percorso che Rolli ben descrive: la missione cambierà nome passando da “Antica Babilonia” a “Nuova Babilonia”, andando a definire quel tipo di intervento già attuato in Afghanistan e in Kossovo, che prende il nome tattico di Provincial reconstruction team (Prt) e che prevede una serie di operazioni umanitarie tese a ripristinare, o creare, le condizioni di democrazia e sviluppo nel paese devastato dai conflitti militari.
Non senza l’apporto di quelle strutture tecniche che inevitabilmente collaborano anche con i servizi indigeni e stranieri coinvolti, come la più volte ricordata Research Triangle International (Rti) che svolge, per l’amministrazione Bush, numerosi interventi sulle strutture amministrative e organizzative del Paese pacificato: interventi che a un’analisi approfondita paiono rasentare l’illegittima ingerenza. In questo scenario ci sembra debole il tentativo di apparire accondiscendente con la parte sedativa dei movimentaristi, come lo sono le forze che fanno capo per esempio a Caruso, dichiarando “ritiri immediati” che coincideranno poi invece con il rispetto dei piani stabiliti con gli alleati da tempo e il necessario rifinanziamento della missione. Sarebbe onesto e preferibile che invece si assumino coerentemente quelle posizioni pubbliche che chiariscano al paese l’indispensabilità e l’inevitabilità della presenza italiana in Iraq, che, seppure trasformata come quella in altri luoghi tesi nel mondo, proseguirà ineluttabilmente ancora a lungo.