La tv logora chi non ce l'ha   

In questi giorni in cui sta per giungere il bavaglio della par condicio siamo ancora in tempo per un po’ di fantapolitica. E le cosiddette primarie ce ne danno pienamente occasione. L’ipotesi fantastica è quella di un partito di minoranza all’interno di una coalizione che chiede, nei patti preelettorali, di avere almeno un candidato di spicco per la presidenza di una regione. Peccato che il partito in questione abbia un nome superato dai tempi, riuscendo però a fare da catalizzatore per quei movimenti esterni all’arco costituzionale, costituiti da plagiati no-global e violenti in cerca di sfogatoi, che pure andavano calmierati. Quindi con una connotazione complessiva che turba l’alleanza molto ampia, spinta fino ad estremi veterocattolici, in totale contrapposizione con il partitino in cerca di gloria, la cui visibilità è fortemente accentuata da un talk-show serale di chiara matrice vaticana, a cui è spesso invitato proprio il leader del partitino. Come fare, allora, ad acconsentire alla richiesta di candidatura senza sollevare l’ira di qualche alleato e apparendo coerenti ai propri elettori, orientati in maggioranza verso ideali più moderati? Semplice. Riciclando lo stesso metodo pensato a livello nazionale per imporre il candidato unico, proveniente da precisi diktat della regia, riesumando quella farsa che fu il centralismo democratico e riadattandolo al sistema mediatico in cui siamo immersi. Così, in un clima apparentemente innovativo, si convocano le primarie, metodo utilizzato in altri paesi con altra storia e altre condizioni di libertà, per decidere sul nome del giusto candidato. Metodo che appare “bello” perché democratico, decide il popolo; perché arriva dalla terra lontana che ci ha dato il chewing gum, i jeans e le camel, così libera e potente. E così le dissonanze della candidatura vengono smussate e superate. Quando poi il candidato, posto come condizione per la tenuta dell’alleanza, vince, lo fa in un clima di meraviglia generale. Stupore artato che consente di ottenere titoli sui giornali e numerosi rilanci radiotelevisivi, con un bel doppio effetto: far ingoiare la pillola e farsi tanta pubblicità. Sperimentando sul campo come muoversi per le primarie nazionali, su cui si finge persino di litigare tanto per decidere se porre una unica bulgara candidatura o simulare una certa competition, usando candidati minori in cerca di visibilità e fingendo qualche preoccupazione verso un sistema capace di scalzare poteri e leadership incrollabili, in realtà tentando l’autoleggittimazione di un insostenibile consociativismo. Il timore, la sensazione, rimane quella che i giochi spartitori siano già tutti fatti e che abbiano anche trovato il metodo per sollecitare una rapida mobilitazione dei più distratti e lontani tra gli elettori. Preparandosi a gestire il potere e il denaro affidati dalla riforma del Titolo V alle regioni, che permetteranno di finanziare le primarie nazionali (quanto costeranno?) secondo schemi da grande show. Perché la televisione logora chi non ce l’ha.