Sud America a un bivio: in gioco i rapporti con gli Usa   

La recente formalizzazione dell’ingresso del Venezuela nel Mercosur, avvenuta il 4 luglio scorso, riporta alla ribalta gli scenari sudamericani e le tensioni espresse in quell’area. Il Mercosur rappresenta oggi, con Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay, quali stati membri, e con Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador e Perù, quali stati associati, un mercato che si pone come quarto al mondo, con 12 milioni di chilometri quadrati di estensione, quasi il 70 per cento del Pil sudamericano e con 250 milioni di persone. Hugo Chavez, presidente del Venezuela, non nasconde la sua felicità nel risultato raggiunto, che prosegue il percorso dell’affrancarsi dal dominio statunitense, paese con cui rimangono inalterati i rapporti bilaterali dei singoli stati appartenenti al Mercosur. Progetto che Chavez insiste nel proporre anche ai paesi africani, sul cui appoggio conta per entrare a far parte del consiglio di sicurezza dell’Onu, quando li invita a riprodurre in quell’area la sua rivoluzione boliviana, sollecitandoli a riappropriarsi delle ricchezze naturali da sottrarre al controllo delle multinazionali, spesso di origine europea. Una sorta di cooperazione Sud-Sud che viene vista meno di buon occhio da Ignacio Lula da Silva, presidente del Brasile, che teme di vedere sminuita l’influenza e la leadership del suo paese nel continente sudamericano. E che da sempre ha toni meno forti nei confronti degli Usa di quanto invece Chavez dimostri. A tutti è chiaro come sia positivo ogni sforzo di integrazione economica latino-americana e in prospettiva la possibile integrazione politica dell’intero continente, specie dopo il fallimento dell’amministrazione Bush alla conferenza di Mar del Plata del 2005, in cui cercava di creare una area di libero scambio estesa dall’Alaska alla Terra del Fuoco. Integrazione che avanza, come dimostra la posa della prima pietra l’8 luglio scorso, da parte di Chavez e di Alvaro Uribe, presidente della Colombia, del gasdotto che partendo dal Venezuela giungerà alla Colombia e a Panama e di cui farà parte anche Argentina e Brasile. Prova del fuoco, delle scelte più moderate di Lula, saranno le imminenti elezioni nel suo Paese, che si inseriscono in uno scenario che appare dinamico e complesso, come evidenziato anche dalla completa analisi di Pier Francesco Galgani su www.paginedidifesa.it, e sul quale l’Europa e l’Italia sembrano essere distratti, distanti e, come sempre, in ritardo.