La coincidenza tra gli incidenti militari in Afghanistan, con gravi perdite tra i civili, e l’approvazione in Iraq del Production Sharing Agreement (PSA), non sembra essere un caso. Si sposta così l’attenzione da un’area all’altra a suon di cannonate e bombardamenti, per evitare di cogliere manovre prive di ogni etica e apparentemente già predeterminate.
Il Psa è l’accordo per cui le compagnie petrolifere straniere in Iraq potrebbero, da marzo in poi, sottrarre denaro all’erario, e quindi al popolo, iracheno, a puro vantaggio dei profitti derivanti dallo sfruttamento delle risorse nazionali irachene. Un inspiegabile e vergognoso provvedimento di cui si troverebbe avvantaggiata anche l’Eni che, secondo l’associazione “Un ponte per…” , incamererebbe oltre sei miliardi di euro all’anno in più, restituendo con gli interessi quanto il nostro paese spende per aiuti umanitari. In un paese già stremato da oltre tredici anni di boicottaggio internazionale e provato da anni di guerra ancora non terminata, se si contano le decine di morti quotidiane tra attentati e sparatorie. E’ quindi comprensibile il contenuto di una lettera firmata già da migliaia di cittadini, rivolta al ministro dell’ economia e finanze, Tommaso Padoa Schioppa e al presidente dell'Eni, dott. Roberto Poli, in cui si chiede che il nostro Paese, attraverso la società petrolifera di bandiera, metta in atto quanto dichiarato nei principi stabiliti nel documento ‘Responsabilità d’impresa — Valori e Comportamenti‘ che l’azienda ha adottato, in particolare in merito a “Etica degli affari”, “Rispetto degli stakeholders”, “Rispetto dei diritti umani”, “e “Cooperazione”. La richiesta è sottolineata dalla proprietà statale del 32% della compagnia, che quindi apre il diritto dei cittadini di indirizzare il comportamento e le politiche dell’Eni, specie quando le nostre truppe sono state stanziate a Nassiriya, a protezione del petrolio prenotato da tempo dall’Eni.
Non sappiamo se il movimento avrà la forza di evidenziare uno scandalo indicibile come quello che si perpetrerà in danno della popolazione irachena, che già sta tentando di opporsi, insieme ai sindacati, al fatto che si perpetri il solito sacco dell’invasore sul paese conquistato. Anche perché la vicenda italiana rappresenterà una porzione minima dell’inspiegabile furto di denaro, a cui parteciperanno gozzovigliando le maggiori aziende petrolifere del mondo. Sono operazioni di sapore medievale che non possono far altro che evidenziare quanto già paventato alle origini di questa guerra illegale e che non possono far altro che riportare alla mente le questioni di consenso al passaggio di oleodotti che invece riguarda il fronte afgano. Sapendo che a nulla varrà la sensibilizzazione sociale, che ormai riguarda pochi interessati alle vicende mondiali per dovere di cronaca o per interesse diretto: tutti gli altri pronti a cambiar canale per obnubilarsi con violenza e sesso, unico sfogo virtuale delle pulsioni a cui ci costringono.