La farsa mediorientale   

Caro direttore, da più parti ci si augura che la scomparsa di Yasser Arafat possa determinare una accelerazione nel processo di pace in Medio Oriente, creando forse sconcerto per chi debba immaginare che un uomo solo per anni abbia potuto essere il freno a tale risultato. A ben guardare però le notizie trapelate negli ultimi anni, ed oggi rafforzate, sulle ricchezze e sul patrimonio del leader dell’Olp di un tempo, divenuta poi Autorità Palestinese, insieme ai beni e fondi gestiti da Fatah e da Rashid, mettono i brividi e confermano un sospetto ormai diffuso. La maggior parte dei conflitti militari, nonché la recrudescenza recente del terrorismo degli ultimi anni, cela interessi economici ultramiliardari (parlando di dollari) che ben poco a che fare hanno con diritti e cause politiche più o meno valide. Se Arafat imbottigliava Coca Cola, vendeva cemento per l’edificazione del fantomatico muro con Israele, lo stesso cemento gestito in modo monopolista per la costruzione delle tante abitazioni che abbiamo visto divelte dalle ruspe israeliane, se gestiva con i suoi soci allegramente i fondi provenienti dai diritti per l’estrazione del petrolio, esistente anche nei suoi territori, e così via, allora il fondamentalismo ideologico e religioso tanto sbandierato va un po’ a farsi benedire. Il balletto delle cifre è già cominciato, ma pare che si tratti di circa un miliardo di dollari di cui non v’é traccia per la maggior parte. Alcuni amici palestinesi mi hanno sempre narrato, come molte immagini televisive hanno poi spesso proposto, di condizioni di vita misere per la maggior parte della popolazione, condizioni utilizzate anche per sostenere il supporto morale al disagio di una nazione non riconosciuta. La verità è invece sempre più evidente. Il Medio Oriente, nelle aree in cui non c’é una democrazia, nelle aree rette da dittature, è un luogo conveniente per investimenti, basati principalmente sulla corruzione tesa ad assicurarsi concessioni plurimiliardarie. Ma perché fermarsi al Medio Oriente? I disordini scandalosi e omicida che si stanno verificando in Costa d’Avorio hanno il retroscena delle concessioni per lo sfruttamento del paese, gestite dalla Francia in massima parte e oggi contese dal potere economico internazionale. In Iraq sono ormai note le cifre della ricostruzione e degli investimenti occidentali. In Afghanistan era necessario non trattare con i talebani per il passaggio di un importante oleodotto. In Arabia Saudita, luogo sacro del mondo islamico, sono insediate basi Usa a tutela del governo e della famiglia saudita. La famiglia Bin Laden continua a tessere affari d’oro (nero) in tutto il mondo. Se questo è il panorama è comprensibile come non si portino avanti gli unici progetti in grado di smantellare almeno l’onda di sangue e violenza sempre alle porte: Israele, e non solo la Turchia, dovrebbe far parte dell’Unione Europea; il consesso mondiale dovrebbe agire per diffondere la democrazia in ogni nazione; è necessario invadere mediaticamente qualunque stato oppresso. Ma questi sono sogni che resteranno speranze d’altri tempi, tranne che qualche illuminato ne colga la convenienza economica...