Addio al giornalista Kapuscinski: svelò i rischi insiti nei nuovi media   

Ryszard Kapuscinski, polacco, è morto ieri a Varsavia all'età di 75 anni. Il noto reporter, scrittore e poeta, era nato a Pinsk, Belarus, nel 1932. Già vincitore dell’ultimo Premio Elsa Morante, rappresenta una delle più straordinarie esperienze di reporter degli ultimi anni, disegnando l’insieme della figura epica e artistica al tempo stesso tipica dell’innovazione nel modo di fare giornalismo, ed in particolare del giornalismo di frontiera, scaturita anche dalle innovazioni tecnologiche disponibili a partire dagli anni 70 in poi. Di Kapuscinski ci piace ricorda due delle sue opere più famose: “Shah-in-Shah”, del 1982 ed edito da Feltrinelli nella bella traduzione di Vera Verdiani, sulla caduta di Mohammad Reza Pahlavi, ultimo Scià di Persia, utile per comprendere anche l’Iran di oggi, bello quanto “L’imperatore” dedicato invece alla fine del dominio in Etiopia di Hailé Selassié. Incaricato da sempre come inviato della agenzia di stampa polacca, Kapuscinski ha saputo rendere moderno il proprio lavoro, lasciandoci pagine memorabili anche e proprio sul giornalismo, come nel discorso tenuto a Stoccolma in occasione della cerimonia di consegna dei premi Stora Jurnalstpriset. Ben descrivendo come l’avvento dei telefoni cellulari prima, e di internet poi, abbiano modificato il modo di fare giornalismo, anche aumentando il controllo da parte delle direzioni dei giornali e della televisione sugli stessi giornalisti, meno liberi e autonomi di un tempo. Pericolo che Kapuscinski riassume bene definendo il processo dei nuovi media che crea la “telefalsificazione” delle notizie. “…Le nuove tecnologie, soprattutto il telefono cellulare e la posta elettronica, trasformarono radicalmente i rapporti tra i giornalisti e i loro capi. Prima, il corrispondente di un giornale o di un’agenzia di stampa, o di una rete televisiva disponeva di una grande autonomia e poteva dare libero corso alla sua iniziativa personale. Cercava l’informazione, la scopriva, la verificava, la selezionava, e le dava forma finale. Attualmente, e sempre più spesso, non è più di una semplice pedina che il suo capo sposta attraverso il mondo dal suo ufficio, che magari si trova dall’altro lato del pianeta. Da parte sua, questo capo ha a portata di mano informazioni provenienti da molteplici fonti (catene di informazione ininterrotte, comunicati di agenzie Internet) e può così avere la propria visione personale dei fatti, non di rado molto diversa da quella del giornalista che copre l’evento dove i fatti si svolgono. … La civiltà dipende sempre più dalla versione della storia immaginata dalla televisione. Una versione spesso falsa e senza alcun affidamento. Il telespettatore di massa, alla fine, non conoscerà altro che la storia “telefalsificata”, e soltanto un piccolo numero di persone prenderà coscienza che esiste un’altra versione più autentica della storia….” Il monito lasciatoci da Kapuscinski ci impone quindi una lettura filtrata di quel che accade, cominciando con il rendergli omaggio leggendo quanto riportava dal mondo, imponendo, con le nostre scelte, anche il modo di fare notizia che preferiamo.