Grandi coalizioni di governo: modello tedesco per l’Europa   

Con le elezioni in Austria, Ungheria e Bosnia si inizia a definire meglio uno scenario che pervade l’Europa allargata da qualche tempo, su cui si possono fare alcune considerazioni. Le grandi coalizioni, più o meno manifeste, stanno imponendo un modello tedesco di governo che porterà nei prossimi anni alla attenuazione ulteriore degli scontri di carattere ideologico tra blocchi contrapposti, comportando una uniformità europea in cui possono disegnarsi scenari confortanti e allarmanti al contempo. La prima conseguenza positiva di una Europa fortemente in equilibrio, con governi di coalizione che rappresentino almeno il settanta per cento dell’elettorato, può essere una sostanziale base per il rilancio e il conseguimento di una futura unità politica dell’Unione. Specie quando si completeranno meglio i percorsi di Inghilterra e Francia, che per motivi diametralmente opposti si ritrovano ad essere i maggiori oppositori di una Europa definitivamente e concretamente costruita.
Quando i cittadini europei si riconosceranno in una comune volontà di progresso comune, impostata congiuntamente dai diversi governi, sapranno meglio superare quegli scogli nazionalisti ancora fortemente esistenti. Lo dimostra infatti il rigurgito nazista in alcune aree della ex Germania dell’est, in cui recentemente si sono affermati partiti che in questa area hanno superato il sette per cento, paragonabile a movimenti analoghi in Austria che oscillano dal quattro all’undici per cento. E’ questo il prezzo da pagare come conseguenza del grande equilibrio, che lascia l’amaro in bocca alle frange più esacerbate della popolazione, spesso di livello culturale e sociale estremamente basso, facilmente trascinabile in turbini lontani dai principi democratici. La cancellazione delle ideologie comporta così un nuovo scontro, tra chi ritiene ormai di poter delegare in modo indistinto, in cambio di una serenità che concede anche strapoteri a lobby economiche, e chi invece individua in veteroidentità l’espressione della propria insoddisfazione. Se non vi sarà opportuna attenzione alle nuove istanze popolari, solo apparentemente soggiogate da media invasivi e simboliche omologazioni, il rischio potrà essere quello di dare la stura alle follie che portarono Adolf Hitler e dittatori analoghi a rallentare lo sviluppo del continente. Pericolo che aumenta se dovessimo assistere, prima della fine del decennio, alle nostre strade percorse da reduci di guerre condotte in paesi vicini, combattute senza che nessuno abbia il pieno convincimento della loro validità. Come potrebbe facilmente accadere se la follia ci porterà a un conflitto mediterraneo, il cui focolaio possibile è un Iran nuclearizzato.