Il grande scivolone   

La scelta della data per i prossimi referendum abrogativi di articoli della legge 40/2004, sulla procreazione medicalmente assistita e la libertà di ricerca scientifica, diventa un ulteriore prova del lungo scivolone che la maggioranza di governo sta compiendo. Non contenti dei risultati fin qui ottenuti, gli uomini della casa della libertà al governo, sembrano ignorare le istanze trasversali che su questo referendum si sono andate raggruppando, non solo fortemente nella maggioranza dei partiti di opposizione, ma anche tra le proprie fila. Scegliere il 12 e il 13 giugno, periodo in cui auspicano una certa vacanza dal voto, serve ad appoggiare quanti cercheranno non tanto di esprimere il proprio voto affinché la leggi non cambi, ma di far venire meno l’ignobile quorum necessario a dare valore al voto popolare. I cui sondaggi davano già da settimane a favore della vittoria del Sì abrogativo. Palesando così una nuova sconfitta per l’intera coalizione che, pur distinguendosi tra astensionisti o meno, ha dato la libertà di coscienza ai propri aderenti in caso di voto. Con i comitati referendari pienamente schierati per una campagna che fa appello alla dignità italiana, invitando ad esprimere il proprio voto per esprimere il proprio dissenso verso una legge scellerata e fatta male, per ammissione stessa di chi la ha votata. Il referendum perso, a così breve distanza dalle sconfitte alle regionali, non tanto per il voto ma proprio per l’affluenza che punirà chi invita ad andare al mare invece di votare, sarà un viatico difficile da superare. A questo si aggiunge la follia di ipotizzare un voto ad ottobre, che invece di dare gli spazi alla maggioranza per ricompattarsi e sperare di ottenere un risultato migliore alle politiche, si prepara ad una inevitabile débacle. Certo il voto delle regionali deve insegnare qualcosa a chi perde, così come a chi vince all’interno di una coalizione complessa con equilibri anche mutati. Insegna che con il Mezzogiorno non si scherza, specie quando le istanze di un sud più vivibile e sviluppato viene proprio da Confindustria, che dello sviluppo tiene le fila. Insegna che erano meglio i vecchi modi di fare, con un equilibrio tra i propri interessi e quelli del popolo, come insegna benissimo il senatore Andreotti. Svestendosi dell’ipocrisia con cui tutti trattiamo l’etica del potere, riconoscendo che nessuno potrebbe governare senza compromessi. Purché questi non siano tali da mettere in discussione il sistema stesso, come tentato di recente. Nessuno immagina che ci siano puri agnelli nelle stanze dei bottoni, purché vi sia un limite e un equilibrato “do ut des”. In fondo la democrazia contemporanea potrebbe essere espressa con una delega del tipo “approfitta pure del potere e dei privilegi che ti concedo con il mio voto, purché tu contribuisca al miglioramento della vita di tutti. Tutti, me compreso”. E l’alleanza con la Lega non può mai rappresentare quel concetto di unità nazionale che invece esprime la parola “tutti”. Il ricatto, lo scacco, dei piccoli Udc e Lega hanno imbrigliato così fortemente Berlusconi, che forse potrebbe trarre maggiori vantaggi per Forza Italia da un distacco con queste forze. Vantaggi tali da rimetterlo seriamente in lizza di nuovo, interrompendo questo grande scivolone.