Impegni contro la fame nel mondo: andiamo a lezione in Venezuela   

Vale la pena seguire con attenzione l’operazione di nazionalizzazione che il presidente venezuelano Hugo Chavez sta perseguendo nel suo Paese, all’interno di un silenzio mediatico occidentale fortemente preoccupante. Circondato dall’ultimo viaggio del presidente Usa Gorge W. Bush, che, dopo il fallimento dei progetti di mercato comune con il Sudamerica, tenta di farsi nuovi alleati promettendo una riduzione delle facilitazioni fiscali e sovvenzionamenti che ricevono tuttora le compagnie nordamericane nel settore agricolo, operazione che era tesa a peggiorare il palese squilibrio tra i due mercati e a contrastare l’invasione di alimenti a basso costo negli Usa di provenienza meridionale. Il viaggio non sembra aver fermato neanche minimamente l’operazione di Chavez, che oltre al settore energetico sta procedendo in quelli dei settori strategici delle telecomunicazioni e dell’elettricità. Sono dei giorni scorsi le dichiarazioni del ministro del potere popolare per l’energia e petrolio, Rafael Ramirez, del governo bolivariano del Venezuela, che al termine dell’ultima riunione ordinaria dell’Opep, che ha ratificato una produzione di 50 mila milioni di barili nella fascia dell’Orinoco, ha rimarcato l’operazione di trasferimento alla Pdvsa, la compagnia di stato petrolifera venezuelana, delle quote necessarie al possesso del 60 per cento delle maggiori joint-venture estrattive del Paese, riprendendole dalle mani straniere. Si tratta di aziende che hanno potuto operare per dieci anni con un riconoscimento solo dell’1 per cento dei loro profitti e godendo di un regime fiscale di esenzione totale, a danno dell’erario venezuelano e della sua popolazione. Legislazione simile a quella che si sta tentando di attuare nel martoriato Iraq. Il quadro attuale di queste agevolazioni, inspiegabilmente allungatesi nel tempo, vedono il loro esplicitarsi in quattro progetti dove le associazioni con privati hanno funzionato in deroga al diritto estrattivo riservato in Venezuela allo Stato, tutti iniziati tra il 1993 e il 1997. L’operazione toccherà il progetto Sincor, in cui la Total detiene il 47 per cento, la Statoil il 15 per cento con la Pdvsa solo al 38 per cento, ma anche Petrozuata, dove ConocoPhillips possiede il 50,1 per cento, e Pdvsa detiene il 49,9 per cento. Per le altre concessioni, quelle del 1997, il processo sarà più graduale, coinvolgendo anche le americane Chevron ed Exxon Mobil. Le trattative per giungere alla nazionalizzazione sono gestite in modo individuale, anche se è facile immaginare il cartello che si va componendo. Ma il particolare degno di nota è il preannuncio che il pagamento della conversione delle azioni non sarà effettuato in denaro ma in petrolio o gas, permettendo da un lato una garanzia per gli stranieri da eventuali fluttuazioni monetarie interne, ma anche aprendo uno scenario che può diventare insegnamento per tutti quei Paesi, specie dell’Africa, in cui il Pil appare stratosferico mentre le persone, specialmente i bambini, continuano a morire di fame e malattia. Insegnamento anche per quelle Promesse del Millennio che altrimenti l’Onu stenterà a mantenere.